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La "profezia" di Wesley Clark
di
Giacomo Gabellini
Nel 2007, il generale statunitense Wesley Clark, comandante supremo delle Forze Alleate in Europa durante la guerra contro la Federazione Jugoslava del 1999, formulò rivelazioni clamorose e a suo modo “profetiche”, se valutate con il senno del poi.
All’epoca, Clark dichiarò che, all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001, quando era già in pensione, venne a conoscenza da un suo ex sottoposto che all’interno del Dipartimento della Difesa, guidato all’epoca da Donald Rumsfeld, era maturato un piano strategico inteso a destruttura sette Paesi nell’arco di cinque anni.
Nello specifico, si trattava di Iraq, Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Iran.
Il progetto consisteva quindi nella riconfigurazione del cosiddetto “Medio Oriente allargato”, ridisegnando i confini tracciati con “riga e squadra” da Gran Bretagna e – in netto subordine – Francia circa un secolo addietro.
L’idea di modellare arbitrariamente la mappa geopolitica di quella cruciale macroregione geografica, o quantomeno di alterarne radicalmente gli equilibri interni, non è mai venuta meno nel corso degli anni successivi e sembra essere tornata definitivamente in auge proprio in questi giorni.
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