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Facce di ghiaccio
di
Rossella Ahmad
Ho visto il filmato della portavoce Usa mentre annunciava al mondo le sanzioni comminate dal suo paese contro la Relatrice Speciale per i Territori Palestinesi Francesca Albanese, e ne ho osservato il volto, la mimica.
Il gelo delle nevi perenni. Il vuoto cosmico. La banalità del male nella sua accezione più vera.
Per una strana coincidenza - che ovviamente coincidenza non è - le fetenzie più grosse sono state quasi sempre votate ed annunciate utilizzando mani e voci di donne. Oppure di rappresentanti della minoranza più discriminata di sempre, quella afroamericana.
Non vi è, presso costoro, alcuna possibilità che la sofferenza palestinese sia accolta, rispettata e considerata qualcosa di più che un fastidio da nascondere sotto il tappeto dell'omertà e del doppio standard.
È la ghigliottina che lambisce il collo di chi attende giustizia.
È il farla franca sempre e comunque
È la fine del Medioriente e poi del mondo per come ce lo siamo immaginato - perché finora non siamo stati altro che farfalle che sognavano di essere uomini, ne sono certa - che avviene alla luce del sole, mentre tutti tacciono.
Sono le ultime parole del sionista di turno, tronfio come solo loro possono essere dall'alto di una montagna di cadaveri, lette prima di chiudere il mio tuffo negli orrori presenti e futuri: abbiamo vinto, tra un anno tornerete a guardare Netflix, e vi sarete dimenticati della farsa di oggi.
Che gente vegeta sulla faccia della terra, madre mia.
Meno male che esiste l'imponderabile. E noi che lo attendiamo. E siamo più di loro.
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