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8.372: il numero di Srebrenica
di
Rinaldo Battaglia *
Abdulah Sidran (Avdo), forse il più grande scrittore e poeta bosniaco, il giorno del massacro, l’11 luglio 1995, aveva 50 anni e un’infanzia, lui nato a Sarajevo sul finire del 1944, condizionata dalla guerra nazifascista che aveva travolto la sua Jugoslavia.
Suo padre, musulmano, lo chiamò col nome di suo fratello, tipografo e compositore morto nel 1943 nel campo di concentramento ustasha di Jasenovac, in quanto antifascista.
Ha saputo descrivere il genocidio che è stato il massacro di Srebrenica - con oltre 8.372 ragazzi e uomini musulmani bosniaci (così dicono gli esperti), avvenuto nel luglio 1995 e con la data infernale dell’11 luglio quale riferimento storico – con parole di forte sofferenza ma senza generare ulteriore odio e rancore.
ll massacro - avvenuto non solo nella città di Srebrenica ma anche nei suoi dintorni, durante la guerra in Bosnia-Erzegovina dopo l’implosione della ex-Jugoslavia e pochi anni dopo la morte di Tito -
fu perpetrato da unità dell'Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina guidate dal generale Ratko Mladić, con l'appoggio di gruppi paramilitari esterni (serbi soprattutto) in una zona che, in quel preciso momento, era stata dichiarata dall'ONU ‘protetta’ e sotto la tutela di un contingente olandese dell'UNPROFOR.
La sentenza della ‘Corte internazionale di giustizia’ del 26 febbraio 2007 e diverse altre del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY), hanno stabilito che il massacro, essendo stato commesso con lo specifico intento di distruggere il gruppo etnico dei bosgnacchi (il gruppo etno-religioso slavo meridionale e slavo musulmano), costituisce a tutti gli effetti un "genocidio".
Tra i vari condannati, in particolare Ratko Mladić e Radovan Karadžić (all'epoca Presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina) sono stati condannati in due momenti diversi dall'ICTY, il primo all'ergastolo ed il secondo a 40 anni di reclusione. La Corte penale internazionale dell’Aia ha poi applicato la pena dell’ergastolo anche a Karadžić.
8.372 vite uccise dall’odio politico, razziale e religioso a cui nessuno riuscì a capire e bloccare gli sviluppi per tempo.
Chi di noi italiani legge la poesia di Abdulah Sidran (Avdo) – se ha un cuore e libera la mente - difficilmente non riesce a portare il pensiero alla nostra Sant’Anna di Stazzema o Marzabotto, solo per citare i più atroci massacri da noi subiti. Le lacrime e le sofferenze delle madri di Srebrenica risultano le medesime dei sopravvissuti di allora.
E per onestà intellettuale, le stesse anche di chi ha vissuto i crimini dei nostri generali fascisti in terra di Grecia ed Jugoslavia, Abissinia.
…” E non lo so, chi ha vinto non lo so
E non mi va nemmeno di saperlo
Che tanto qui si muore sempre noi
È Waterloo che non finisce mai...”
È una continua Waterloo che non finisce mai, come diceva a suo tempo Roberto Vecchioni. È una lunga Via Crucis, con fermate e riprese immediate e continue. Come in terra di Ucraina o a Gaza o negli altri angoli di questo mondo violento e disperato.
E chi sopravvive o resiste – lì o altrove, ieri come oggi - poi non è più la stessa persona.
“….Credono forse davvero che siamo vivi noi che stiamo qui
e da questo luogo parliamo così, come se davvero fossimo vivi……”
11 luglio 2025 – 30 anni dopo - Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Seconda Parte” - Amazon – 2024
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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