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Incollati alla poltrona
di Elisa Fontana *
Uno spettro si aggira per l’Italia: l’incapacità dei presidenti di Regione di scollarsi dalla poltrona.
E’ uno stillicidio che non risparmia né destra, né sinistra. Richieste di terzi mandati, che magari in realtà sarebbero i quarti, negoziati a livello centrale, minacce di liste personali, anatemi su candidature, autocandidature, insomma un carosello avvilente e miserabile che ha un solo comun denominatore: conservare il potere che si è accumulato nelle proprie mani a qualsiasi costo. E deve essere un potere dalle dimensioni davvero ragguardevoli, se non inconfessabili, se si è disposti a tutto pur di mantenerlo intatto.
Breve panoramica: De Luca in Campania che dapprima si fa approvare una legge regionale che gli permetta di ricandidarsi per la terza volta. Poi, visto che la legge viene ritenuta illegittima detta le regole d’ingaggio: decide lui chi può candidarsi o meno alla presidenza.
Fico, ad esempio, non può a suo insindacabile giudizio e poco importa se a livello nazionale l’accordo su quel nome era stato fatto, o il nome ha il suo placet o niente.
Emiliano in Puglia pretende di essere messo in lista come consigliere regionale, perché pur di non mollare la cadrega si accontenta di auto declassarsi da presidente di regione a consigliere. Da parte sua il quasi certo candidato vincitore De Caro mette il veto alla candidatura di Emiliano, ma anche a quella di Vendola, entrando a gamba tesa nelle liste di un altro partito.
In Toscana il presidente in carica Giani, avuto sentore di qualche titubanza sulla sua candidatura a livello di segreteria nazionale, ha pensato bene di autocandidarsi direttamente e cominciare imperturbabile la campagna elettorale, incurante di segreterie nazionali e quisquilie simili.
Sorvolo sui casi di Zaia e Fedriga che sono ormai un romanzo nazionale a puntate e che agitano il centro destra da mesi.
Insomma, nelle Regioni piano piano si sono venuti creando dei centri di potere così forti e radicati da potersi permettere il lusso di tenere in ostaggio la politica nazionale, sia a destra che a sinistra. E non si stenta a credere che siano centri di potere che destano le mire dei politici, visto che in 50 anni dalla loro creazione, che doveva servire al decentramento e allo snellimento dello Stato centrale, si sono trasformati in carrozzoni clientelari che servono a tenere in pugno una regione in tutti i suoi gangli, ma servono anche da trampolino di lancio verso la politica nazionale o quella europea, sempre se non interviene prima qualche giudice malmostoso.
E sono posizioni così appetibili da aver ingenerato un altro malcostume: ci si presenta alle elezioni europee, si viene eletti, salvo lasciare subito dopo per candidarsi a presidente di regione, vedasi Decaro in Puglia e Ricci nelle Marche.
Insomma, non la faccio lunga, ma la riforma che creò le Regioni ha mostrato lungo gli anni tutti i suoi limiti e i suoi pericoli politici e di legalità, trasformando le Regioni in centri di potere dove i detentori sono sciolti da qualunque lealtà partitica e politica. La vera riforma da fare a suo tempo sarebbe stata l’abolizione di questi carrozzoni maleodoranti, invece di abolire le provincie, abolizione che tanti danni addusse ai cittadini.
Ma la situazione è ormai abbondantemente sfuggita di mano e nessuno potrebbe abolire questi carrozzoni senza rischiare una seria rivolta. E così da un certo punto di vista possiamo dire soddisfatti di essere tornati al tempo delle Signorie in cui chi riesce ad insediarsi non molla più la direzione politica sotto qualunque forma.
Aspettiamo solo che pian piano si facciano una legge regionale che permetta loro di indicare direttamente il nome del successore, senza dover passare da quel fastidio delle elezioni. E non sembri questo un argomento minore, perché è un altro impercettibile ma fondamentale tassello nello svuotamento della democrazia e nello scollamento dei cittadini dalla politica.
Poi non cadiamo dal pero se la maggioranza dei cittadini non va a votare e lo fa quasi solo chi ha un orticello da difendere o uno scopo da raggiungere.
* Coordinatrice Commissione Politica e Questione Morale dell'Osservatorio
 
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