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Sei milioni di morti non legittimano altri crimini
di
Soumaila Diawara
Rispondo pubblicamente alla signora Manila A. D., che mi ha scritto una frase agghiacciante: “Sei milioni di ebrei sono stati sterminati, quindi Israele può fare come vuole in Palestina. A Gaza vivono due milioni di persone, ed è stato ucciso solo il 4%: non è genocidio, è guerra.” Queste parole sono gravissime. Non solo per la banalizzazione della Shoah, ma anche per la perversa giustificazione di un massacro in atto.
Un chiarimento necessario: La Shoah è stata una delle tragedie più orrende della storia dell’umanità. Nessuno la mette in discussione, né la minimizza. Ma strumentalizzare quella tragedia per giustificare crimini attuali è un insulto alla memoria delle vittime e un’aberrazione morale.
“Non è genocidio, è guerra”? Ecco il punto: una guerra si combatte tra due eserciti. Ma i palestinesi non hanno un esercito, non hanno armi, non hanno un sistema di difesa. Parliamo di civili bombardati, affamati, assediati. Di quale guerra stiamo parlando?
E, sia chiaro: non sono stati i palestinesi a deportare gli ebrei. Anzi, molti furono accolti proprio dai popoli arabi, inclusi i palestinesi, quando fuggivano dall’Europa verso l’oriente e l’Africa. Sono stati l’Italia e la Germania a pianificare e realizzare le deportazioni, l’industrializzazione dello sterminio: dai treni ai campi di concentramento. Eppure, oggi sento nell’aria la puzza di un tentativo di spostare quella colpa sui palestinesi. Perché dovrebbero pagare per i crimini commessi dagli europei?
La logica della vendetta storica è disumana. Se davvero seguissimo questa logica perversa, allora cosa dovrebbero dire gli africani?
Circa 20 milioni di morti in Congo durante il colonialismo belga. Oltre 12 milioni di africani deportati e uccisi nella tratta atlantica degli schiavi. Più di 3 milioni di vittime sotto l’apartheid in Sudafrica, con Israele che ha avuto un ruolo cruciale, soprattutto a livello logistico. 15 milioni di morti in tutta l’Africa durante la colonizzazione europea. Il genocidio in Namibia (Herero e Namaqua) a opera della Germania: il primo genocidio del XX secolo, spesso dimenticato.
E allora? Gli africani dovrebbero usare questi numeri per legittimare un nuovo genocidio? No. Perché il dolore non si eredita per commettere altro dolore.
L’accusa di “antisemitismo”: un’arma spuntata. Come sempre accade quando si denuncia l’ingiustizia e le barbarie commesse da Israele contro il popolo palestinese, la signora ha concluso accusandomi di antisemitismo. Un’accusa ridicola, infondata e gravissima. Accusare me, o chi difende la causa palestinese, di antisemitismo è una strategia per zittire e delegittimare. Ma soprattutto, studiate la storia.
Il significato storico e linguistico di “semita” Il termine “semita” deriva da Sem, uno dei tre figli di Noè nella tradizione biblica (insieme a Cam e Iafet). Secondo la genealogia mitica, da Sem discenderebbero i popoli del Medio Oriente. In linguistica moderna, “semita” ha un significato preciso: indica un gruppo di lingue appartenenti alla famiglia afroasiatica, tra cui l’ebraico, l’arabo, l’aramaico, il fenicio, il siriaco, l’accadico e altre lingue antiche del Levante e della Mesopotamia.
I popoli che storicamente parlano lingue semitiche, e che quindi sono da considerarsi semiti, vivono o hanno vissuto in numerosi Stati del Medio Oriente e del Nordafrica, tra cui: Palestina, Israele, Siria, Libano, Giordania, Iraq, Arabia Saudita, Yemen, Oman, Qatar, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Egitto (in parte), Sudan (in parte), Etiopia ed Eritrea (dove si parlano lingue semitiche come il tigrino e il ge’ez).
Ridurre il termine “antisemitismo” al solo odio verso gli ebrei è non solo una semplificazione, ma una distorsione storica e concettuale. Purtroppo, molte persone non hanno la minima conoscenza storica o linguistica della questione. Si limitano a ripetere etichette vuote, spesso usate per colpire e delegittimare chi esprime dissenso. Figuriamoci se sanno chi siano stati Sem, Cam o Iafet, o cosa significhi davvero essere “semita”.
Il termine “semita” non indica esclusivamente gli ebrei. Sono semiti anche: i palestinesi, i giordani, i libanesi, gli iracheni, e persino parte degli iraniani. Dire che i palestinesi sono antisemiti è un’assurdità semantica e storica.
La memoria non si usa per giustificare i crimini. La storia non si piega per legittimare l’oppressione. E chi parla di giustizia, chi difende la dignità umana, non può essere zittito con etichette false. Chi difende il popolo palestinese non è antisemita. È semplicemente umano.
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