Israele senza scrupoli prepara la deportazione
di Claudio Visani

Ora non si trattengono neppure più di dirlo pubblicamente: dopo averne uccisi più che si può, vogliono deportare tutti gli altri. Seicentomila in una prigione nella prigione a Gaza. I restanti in altri paesi dietro lauto compenso.

Ad annunciare il piano del governo di Israele è stato ieri il ministro della Difesa Katz. Vuole costruire sulle macerie di Rafah, nel Sud della Striscia, quella che ipocritamente chiama, senza vergognarsi, una “città umanitaria” per 600 mila gazawi.

Una vera prigione nella prigione, per l’appunto, dove Katz vorrebbe trasferire, “dopo screening di sicurezza”, i 600 mila palestinesi sfollati ad al Mawasi.

Siccome nemmeno al cinismo ormai c’è più limite, il Ministro definisce il piano di deportazione “emigrazione volontaria”, per poi precisare che l’esercito sarà chiamato “a garantire la sicurezza del perimetro esterno di Rafah” e che “una volta dentro la città umanitaria, i palestinesi non potranno più uscire”.

Allo stesso tempo, per completare il piano di “emigrazione volontaria”, Katz ha aggiunto che Netanyahu in persona sta cercando Paesi disponibili ad accogliere i palestinesi di Gaza.

E avrebbe affidato alla Boston Consulting Group, che già ha collaborato alla nascita della Gaza Humanitarian Foundation (la fondazione americana che gestisce la distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza sparando sui palestinesi in fila), lo studio di un modello finanziario per la ricollocazione fuori dalla Striscia, al costo di novemila dollari a persona, di Cinquecentomila palestinesi.

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