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Istituto di Tony Blair coinvolto in deportazione forzata dei palestinesi
di
Leandro Leggeri
GAZA RIVIERA: IL TONY BLAIR INSTITUTE COINVOLTO IN UN PIANO PER IL TRASFERIMENTO DI MASSA DEI PALESTINESI
Il Tony Blair Institute for Global Change (TBI), fondato dall'ex primo ministro britannico Tony Blair, è stato coinvolto nella fase di elaborazione preliminare di un controverso piano di “ricostruzione” della Striscia di Gaza, che prevede il trasferimento incentivato di massa della popolazione palestinese. Il progetto, denominato “Gaza Riviera”, ha suscitato forti reazioni e accuse di legittimazione della pulizia etnica.
L’inchiesta condotta dal The Guardian rivela che almeno due membri del TBI hanno partecipato a riunioni con la società di consulenza Boston Consulting Group (BCG) e imprenditori israeliani per discutere una proposta denominata “Gaza Economic Blueprint”. Tra le misure considerate nel documento: un piano per offrire fino a 9.000 dollari a ciascun residente palestinese per incentivarlo a lasciare Gaza, aprendo così la strada a uno sviluppo immobiliare su larga scala.
Il progetto ipotizza la trasformazione della Striscia in un corridoio economico regionale, con porti, resort turistici e zone industriali, rivolti agli investitori stranieri. Un'idea che, secondo molti analisti, si inscrive in un più ampio disegno di “ingegneria demografica”, volto a svuotare Gaza della sua popolazione originaria.
Il Tony Blair Institute ha negato qualsiasi coinvolgimento diretto nella redazione del piano finale e ha definito la propria partecipazione limitata a una “fase di ascolto”. Tuttavia, la presenza attiva di suoi rappresentanti durante i lavori ha sollevato interrogativi sull'effettiva neutralità dell'istituto e sul ruolo che Blair – già ampiamente criticato per la sua posizione filoisraeliana durante il conflitto in Medio Oriente – intende giocare nella futura governance di Gaza.
Secondo numerose ONG e gruppi per i diritti umani, il piano rappresenta un tentativo sistematico di colonizzazione sotto copertura economica, mentre la Striscia è ancora sotto assedio militare e umanitario. Le critiche si concentrano sulla tempistica del progetto, che appare prematura e strumentale, e sulla totale esclusione della volontà del popolo palestinese nei processi decisionali.
Il dibattito resta aperto, ma il rischio, secondo molti osservatori internazionali, è che Gaza venga ricostruita senza i gazawi, riducendo il diritto al ritorno a una questione di denaro e spianando il terreno a una nuova forma di apartheid economico.
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