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Bombardano le famiglie
di
Antonella Salamone
Da ieri mattina, l’aviazione israeliana bombarda casa per casa il campo profughi di Nuseirat, nel cuore della Striscia di Gaza.
Bombardare una casa significa schiacciarne dieci — insieme a chi ci vive, a chi prova a fuggire, a chi non ha dove correre.
Non esiste via di scampo.
Colpiscono le stesse case già colpite, dove famiglie intere si erano rifugiate.
Donne che scavano coi pugni.
Bambini sepolti vivi.
Corpi spezzati sotto pietre roventi.
Sangue che si mescola al cemento.
Nessun corridoio umanitario. Nessun allarme. Solo fuoco.
Nuseirat
Hanno colpito la casa del giornalista Salama Younis.
Tra le macerie, anche suo padre, Abu Emad, anziano conosciuto e rispettato nel campo,
considerato un punto di riferimento per l’intera comunità.
I vicini lo hanno estratto vivo dalle rovine, a mani nude.
Altri membri della famiglia sono stati uccisi o risultano dispersi.
Campo profughi di Al-Shati
Hanno colpito anche la scuola Abu ‘Asi, trasformata in rifugio.
Sette martiri. Tre erano bambini.
Cercavano protezione, hanno trovato il fuoco.
Sono morti tra i banchi, stretti ai corpi dei loro genitori.
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