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Troppo dolore ma bisogna denunciare
di Rossella Ahmad
È da quasi due anni che mi chiedo se sia giusto esporre me stessa e gli altri ad una overdose di orrore come quella a cui abbiamo assistito ed ancora assistiamo. All'inizio di questo viaggio nell'abiezione umana, sotto shock per ciò che vedevo, scelsi di non postare immagini e video della mattanza in corso, preferendo utilizzare le mie energie per parlare, spiegare, provare a ragionare.
Su questa cosa ho perso delle amicizie, ma poco importa alla luce del mio personale convincimento in quel preciso momento. Con riluttanza - perché sento il peso di un estremo pudore nel mostrare la sofferenza, e che sofferenza - lo faccio adesso. Poche immagini, pochi video. E ancora ci soffro. E la domanda è sempre la stessa: cosa posso aggiungere alla mole di immagini, all'overload di dolore di cui siamo testimoni impotenti? È importante anche il mio contributo, in questo senso?
Ci pensavo ieri sera, di fronte al l'insofferenza di tanti amici.
Non resisto più.
È troppo da sopportare.
Basta, per carità.
Ed è così per tutti noi. Però è indispensabile. Ora che lo shock si è trasformato in rabbia, che il trauma iniziale ha assunto la fisionomia di una malattia cronica, abbiamo il dovere di testimoniare in ogni modo possibile.
Ma anche di astrarci, per recuperare un minimo di equilibrio.
Pensare a cose belle, a ciò che sarà. Impegnarci nel prestare aiuto, per quel che possiamo, nel pregare, nel costituire una sponda di solidarietà che non è più solo ideale ma materiale, fatta di tanti gesti importanti e meno importanti ma tutti ugualmente significativi per recuperare il senso del nostro essere umani.
Per quegli strani casi della vita, poi, proprio stamani mi è capitato di guardare un video, in cui una psicologa spiegava quale fosse la maniera più sensata per elaborare l'enorme trauma che abbiamo vissuto collettivamente. Come regolare il proprio sistema nervoso di fronte ad un'ingiustizia così indigeribile inflitta ad innocenti. Che è agire. Cioè trasformare le proprie emozioni in azioni costruttive.
Ciascuno come può e come si sente. Comprendere anche i propri limiti nell'assorbire una violenza inedita, mai sperimentata in precedenza. E testimoniare, senza dimenticare di prepararsi all'incontro con il dolore e di attrezzarsi mentalmente ad esso, onorando la propria sensibilità.
Del resto, anche i mostri non ancora totalmente mostri hanno imparato come sfuggire all'enorme trauma della realtà di cui siamo testimoni: la ribaltano, ne creano una alternativa, si inventano storie irreali, plausibili solo per loro, applicano una frattura tra il sé e ciò che accade.
È la modalità insana.
Quella della malattia mentale conclamata o dello scivolamento progressivo in essa, di cui siamo ugualmente testimoni.
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