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USA: Corte Suprema autorizza Trump a riprendere deportazioni
di Aurora Gatti
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha autorizzato l'amministrazione Trump a riprendere le espulsioni dei migranti verso Paesi terzi, compresi quelli con condizioni instabili come il Sud Sudan.
In una breve ordinanza non firmata, la maggioranza conservatrice della corte ha sospeso una sentenza di un tribunale di grado inferiore che imponeva al governo di fornire ai migranti una "significativa opportunità" per contestare la loro espulsione in caso di minacce come tortura o persecuzione. Non è stata fornita alcuna spiegazione, ma la decisione consente alle espulsioni di proseguire mentre è in corso il processo di appello. I giudici progressisti hanno espresso un forte dissenso.
La sentenza consente all'amministrazione di accelerare le espulsioni verso Paesi che non sono la patria d'origine dei migranti. Tra questi rientrano anche gli individui detenuti in una base militare statunitense a Gibuti, alcuni dei quali l'amministrazione aveva precedentemente cercato di deportare in Sud Sudan.
Il Dipartimento per la Sicurezza Interna ha accolto con favore la decisione, con la portavoce Tricia McLaughlin che ha dichiarato: "Il DHS può ora esercitare la sua legittima autorità e espellere gli immigrati clandestini in un Paese disposto ad accoglierli. Accendete i piani per le espulsioni".
La portavoce della Casa Bianca Abigail Jackson ha elogiato la decisione della corte, definendola una riaffermazione dell'autorità presidenziale di espellere "i migranti condannati per reati penali".
La giudice Sonia Sotomayor ha espresso un netto dissenso, accusando la corte di consentire violazioni del giusto processo. Ha sostenuto che la sentenza ignora il rischio che i migranti subiscano gravi danni in paesi sconosciuti. "In questioni di vita o di morte, è meglio procedere con cautela", ha scritto.
Il giudice distrettuale statunitense Brian Murphy aveva precedentemente stabilito che l'amministrazione aveva violato gli ordini del tribunale quando aveva cercato di deportare otto uomini, condannati per reati gravi, in Sud Sudan, paese considerato non sicuro dal Dipartimento di Stato americano. Solo uno degli uomini era in realtà sud-sudanese.
Le associazioni per i diritti degli immigrati hanno presentato il ricorso, sostenendo che gli uomini rischiavano l'espulsione in paesi in cui non avevano cittadinanza né legami. Dopo che il Sud Sudan ha respinto l'istanza, gli uomini sono stati condotti a Gibuti, dove sono rimasti sotto custodia statunitense. Gli individui provengono da Cuba, Messico, Laos, Vietnam e Myanmar.
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