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23 giugno 2025
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Salvate il soldato Von Blucher
di Rinaldo Battaglia *

Il 23 giugno 1941 a Mecklenburg, una città nella Germania Nord Orientale, nel cuore del Terzo Reich e nel momento di maggior gloria per il loro Fuhrer, apparve sul principale giornale un particolare necrologio. Diverso dagli altri, per quanto numerosi questi fossero, sebbene ovviamente solo poche famiglie potessero, anche in Germania, permetterseli.

Era stato pagato dalla nobile famiglia Graf von Blucher e precisamente dalla contessa von Graf. Erano tutti discendenti del feldmaresciallo Gebhard Leberecht von Blücher, il grande vincitore prussiano di Napoleone a Waterloo, in quel 18 giugno 1815. L’eroe aristocratico restava sempre molto onorato in patria, soprattutto dopo la nascita del Terzo Reich, in quanto simbolo della vittoria tedesca sui nemici e in netto contrasto con l’11 novembre 1918, giorno della resa nella Grande Guerra, perduta in primo luogo e guarda caso contro gli eredi del generale francese.

Allo scoppiare della nuova guerra - la rivincita - anche gli eredi del grande von Blücher non vollero mancare. E in poco tempo i 4 figli maschi della contessa Graf (il marito era deceduto anni prima) vennero arruolati come ‘Fallschirmjager’, i famosi paracadutisti della Luftwaffe. Almeno per tre di loro: Wolfgang, Leberecht ed Hans-Joachim, rispettivamente di 24, 19 e 17 anni. Addirittura, data l’età, da minorenne, per Hans dovette intervenire espressamente la madre presso i Comandi nazisti e formalizzare un’apposita autorizzazione per inviarlo al fronte. E chissà con quanto orgoglio lo fece. Non eravamo ancora alla disfatta finale, quando Hitler mandò al macello persino ragazzi di 14/15 anni della Hitlerjugend: serviva ora un ‘nulla osta’ dei genitori. Il quarto fratello, Adolf Graf von Blücher, invece verrà arruolato, per sua scelta, nella Kriegsmarine, la marina nazista.

Il destino dell’aristocratica famiglia Graf von Blucher cambiò totalmente dopo il 20 maggio 1941 e sulla terra dell’isola di Creta. Al pari di qualsiasi altra famiglia anche senza ‘pedigree’ nobiliare.

Quel giorno Hitler dette avvio all’invasione dell’isola greca con la famosa ‘Unternehmen Merkur’ (Operazione Mercury), inviando in poche ore l'intero XI corpo aereo al comando del generale Kurt Student (quello che il 12 settembre 1943 libererà Mussolini sul Gran Sasso), di cui faceva parte la 7ª divisione aerea (composta da paracadutisti) comandata dal generale Wilhelm Süssmann. Si parla di 22.000 uomini, a cui sarebbero seguiti altri 9.000 come truppe di montagna e 6.000 di fanteria.

Mussolini, dal canto suo, non volle restare fuori dai giochi e - al motto ‘dell’armiamoci e partite’- dette la propria razione di uomini e sangue italiani. Venne così inviato un raggruppamento di 2.500 soldati, al comando del generale Ettore Caffaro, composto dalla 50ª Divisione fanteria "Regina" e 2 compagnie da sbarco della Regia Marina, Carabinieri e di Camicie Nere.

La battaglia di Creta - una delle più celebri battaglie tedesche, contro le truppe britanniche, sbarcate a loro volta in Grecia in soccorso alle truppe di Atene - finì 12 giorni dopo, il 1° giugno 1941 con la vittoria nazista. Ma in termini di vite umane fu un massacro da ambo le parti, soprattutto il primo e il secondo giorno. E tra le 1.917 vittime nelle sole fila tedesche, vi trovarono la morte anche i tre fratelli Graf von Blücher. Peraltro, tutte morti avvenute nello stesso medesimo giorno: il 21 maggio.

La dinamica della loro fine risultò sin dall’inizio particolare, tanto da esser ricordata anche tra i loro nemici - non solo i greci locali, ma anche gli inglesi – negli anni successivi.

Alla mattina di quel giorno, il plotone di ‘Fallschirmjager’, dove si trovavano i due fratelli maggiori - Wolfgang, Leberecht – fu preso alle spalle da una forte controffensiva nemica e, in breve, rimase quasi senza munizioni e medicinali. Era così destinato a morte certa. Improvvisamente, dalla parte opposta del plotone tedesco spuntò - non si capì mai da dove e come - un cavaliere avvolto in un mantello nero in sella ad un cavallo, anch’esso nero. Come avviene nelle favole per bambini. Si stava dirigendo a grande velocità verso gli assediati con scorte di rifornimenti, munizioni e viveri.

I soldati della British Guard furono colti da sorpresa ed incredulità: si era su un campo di battaglia, non seduti al cinema. E subito non capirono e non reagirono. Solo quando il cavallo ed il suo cavaliere nero stavano per raggiungere l’obiettivo e arrivare al plotone, gli inglesi spararono a più non posso e li colpirono, abbattendoli entrambi.

Solo quando la battaglia all’ultimo sangue finì e i paracadutisti tedeschi furono quasi tutti uccisi – tra cui anche Wolfgang e Leberecht, il cui cadavere non verrà mai trovato – i pochissimi nazisti sopravvissuti scoprirono l’identità del cavaliere nero che voleva soccorrerli: era il più piccolo dei tre fratelli Graf von Blücher, il ragazzo Hans-Joachim coi suoi 17 anni di vita.

Ricorda quasi la vicenda storica narrata nel film ‘The Water Diviner’ (del 2014) diretto e interpretato da Russell Crowe. Ma sappiamo che, in quel caso, il libro da cui era stato tratto, dal medesimo titolo e scritto da Andrew Anastasios e Meghan Wilson-Anastasios, si riferiva espressamente alla vera triste sorte dei tre fratelli australiani Connor (Arthur, Edward ed Henry) nella battaglia di Gallipoli del 1915, durante la guerra precedente del 1914/1918. Dove, peraltro, il maggiore Arthur riuscì miracolosamente a salvarsi e sarà recuperato 5 anni dopo dal padre Joshua, da molto tempo alla disperata ricerca dei tre figli, mai ritornati a casa dalla guerra. E il cavallo cavalcato da uno dei Connor – il più grande, in questo caso – contro i nemici turchi risultava quel giorno di colore bianco candido.

La storia dei fratelli Graf von Blucher impressionò subito molto i greci per l’eroismo del fratello minore e soprattutto per la sua umana solidarietà verso i fratelli, oramai perduti. E durò nel tempo. Si dice che fino a pochi anni fa, tra le famiglie di Creta, fosse popolare una leggenda, raccontata spesso ai figli piccoli magari prima che prendessero sonno alla sera. Parlava di un cavallo nero, con in groppa un uomo avvolto in un mantello, correre al galoppo per portare la salvezza ai bisognosi. Come avviene nelle favole per bambini. Ma non veniva mai spiegato loro, poi, il vero finale nella storia. E per i bambini era di certo meglio così. Avranno in vita tutto il tempo di conoscere il significato completo della parola ‘guerra’.

Ma inevitabilmente colpì molto anche in Germania e nella famiglia Graf von Blucher. Non ci è dato di conoscere il modo in cui la madre, la contessa Graf, ricevette la notizia di cosa successe in quel maledetto 21 maggio ad Heraklion, sulle terre insanguinate di Creta. E poco le sarà servito sapere che alla fine quella battaglia fu vittoriosa per la sua grande Germania del suo Hitler. Ma fu colpito anche il comando nazista, l’OKW, l'Oberkommandoder Wehrmacht e per quanto criminali i loro kommandant fossero, decisero che per la famiglia, discendente dal feldmaresciallo Gebhard Leberecht von Blücher, la quantità di sangue versata per il Fuhrer fosse già sufficiente.

Il quarto fratello, Adolf Graf von Blücher, fu così esonerato dalla guerra e rilasciato completamente dal servizio. Lasciò subito la Kriegsmarine, per occuparsi dell'azienda agricola di famiglia.

Ma il suo destino qui fu più crudele che nella storia dei fratelli Ryan, come nel film Oscar di Steven Spielberg. O meglio, del destino dei ‘veri’ fratelli del sergente USA Frederick "Fritz" Niland appartenente alla 101ª Divisione aviotrasportata (che perse tre fratelli, due in Normandia e uno contro i giapponesi nell’estate 1944) e dalla cui tragica vicenda nacque quel mitico ‘Salvate il soldato Ryan’. Adolf, infatti, non sopravvisse alla guerra, come invece vi riuscirono James Francis Ryan nel film e a Fritz Niland nella realtà. Per cause mai bene spiegate – si disse ‘accidentalmente’ – solo 3 anni dopo la morte dei fratelli, nel 1944, in piena guerra, Adolf morì in uno stupido incidente di caccia.

Nella ricorrenza anche di questa morte, 30 anni dopo, il 6 ottobre 1974, a Creta, poco lontano da dove erano stati uccisi Wolfgang, Leberecht ed Hans e lì sepolti (sebbene di Leberecht, come già menzionato, non vi siano materialmente i resti) alla presenza delle autorità civili e militari dell’allora Germania Occidentale, è stato inaugurato il cimitero militare tedesco dell’isola. A rappresentare la famiglia Graf von Blucher – molto commossa - vi era l’unica sorella rimasta in vita: Gertrud. Più tardi si venne a sapere che aveva avuto 3 figli e per nomi aveva ripreso quello dei 3 fratelli caduti il 21 maggio 1941. Un modo per ricordarli sempre e - perché no – di dare loro, forse, una seconda chance di vita.

Nel necrologio dei fratelli von Blücher, del 23 giugno 1941 veniva riportata la loro età al momento della morte: 60 anni in totale, 60 anni in 3 vite, 20 anni di vita media.

Se qualcuno oggi cerca delle ragioni per odiare la guerra, qualsiasi guerra - soprattutto oggi - in quei numeri può trovarne fin che vuole. A vent’anni hai una vita davanti a te, non alle spalle e sottoterra.

I fratelli nazisti Graf von Blucher, gli australiani Connor, gli americani Ryan/Niland: storie così analoghe sebbene con bandiere diverse, talvolta opposte. Ma il tutto con un comune unico denominatore: la pazzia della guerra, fonte assoluta di sofferenze e di morte. Anche per chi non viene ucciso, direttamente, in battaglia.

Quante altre vicende analoghe, con altri fratelli, altre guerre, racconteranno i prossimi libri di Storia? Per le favole per i bambini, invece, il tempo è già scaduto.

23 giugno 2025 – 84 anni dopo - Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Seconda Parte” - Amazon – 2024

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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