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Africa: non serve Piano Marshall ma sovranità sulle proprie risorse
di Laurent Luboya
Di fronte alle numerose sfide economiche che l’Africa affronta — un debito crescente, una disoccupazione giovanile massiccia, l’insicurezza alimentare — molti attori internazionali rilanciano l’idea di un “Piano Marshall per l’Africa”. Questa formula, che richiama il programma statunitense di aiuti all’Europa dopo la Seconda guerra mondiale, può sembrare generosa. In realtà, riflette una visione superata e paternalista dei rapporti tra l’Africa e il resto del mondo.
L’Africa non ha bisogno di un nuovo piano di assistenza pensato altrove. Ha bisogno di riprendere il controllo delle proprie risorse e di creare, sul proprio territorio, il valore economico che da esse deriva. In altre parole, ha bisogno di sovranità economica, non di una dipendenza rafforzata.
Il paradosso africano è ben noto: un continente ricchissimo di materie prime — cobalto, oro, petrolio, gas, cacao, cotone — da cui le popolazioni locali traggono però benefici limitati. Questa situazione non è casuale. Da decenni, l’Africa esporta risorse allo stato grezzo, senza trasformarle in loco. Vende il cacao, ma importa il cioccolato. Estrae il cobalto, ma lo raffina altrove. Coltiva il cotone, ma non produce né filati né tessuti.
Questo modello economico orientato all’esterno impedisce la creazione di posti di lavoro qualificati, priva gli Stati di entrate fiscali fondamentali e ostacola la nascita di un tessuto industriale forte. Peggio ancora, perpetua una logica postcoloniale che riduce l’Africa a un semplice fornitore di materie prime per le grandi potenze industriali.
Uscire da questa dinamica non è un’utopia, ma un’urgenza. Si tratta innanzitutto di riscrivere le regole del gioco: rinegoziare i contratti di sfruttamento, subordinare l’accesso alle risorse a obblighi di trasformazione locale, introdurre una tassazione equa sulle esportazioni grezze, combattere l’evasione fiscale e la corruzione. Inoltre, occorre investire in infrastrutture, energia, logistica e formazione tecnica, per permettere all’industria locale di svilupparsi e progredire.
Solo così l’Africa potrà costruire un’economia resiliente, capace di creare ricchezza per le proprie popolazioni e meno esposta alle oscillazioni dei mercati globali. Non si tratta di chiudersi in se stessi, ma di negoziare meglio il proprio posto nella globalizzazione.
L’Africa possiede i talenti, la gioventù, l’energia e le risorse necessarie. Ciò che serve ora è una volontà politica forte e condivisa: da parte dei governi, delle società civili e dei partner internazionali. Una volontà di rompere con l’economia di rendita e di dipendenza, per costruire una vera sovranità economica.
Continuare a invocare un nuovo Piano Marshall significa alimentare l’illusione che la salvezza debba arrivare dall’esterno. Ma la storia lo dimostra: nessun paese si è mai sviluppato senza controllare la trasformazione delle proprie risorse. L’Africa non ha bisogno di carità. Ha bisogno di giustizia economica, e del coraggio di credere nelle proprie forze.
 
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