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Il nonno di Derek
di
Rinaldo Battaglia *
Quanto sconvolgente deve esser stata la scoperta che fece un giorno un giovane tedesco, dalla vita fino allora del tutto normale: Derek Niemann.
Tutta la sua famiglia, genitori e zii, si era sempre sforzata di nascondergli un terribile segreto. Solo una decina di anni fa, ebbe l’occasione di accompagnare la moglie per una visita d’affari a Berlino e quasi d’istinto volle interessarsi e visitare il quartiere o la zona della città da cui proveniva la sua famiglia, che inizialmente ai tempi del nonno Karl risiedeva nella capitale. Oggi siamo nell’epoca di internet e anche 10 anni fa era altrettanto facile trovare qualcosa ‘in rete’, se si fosse voluta cercare. E inserendo nel web il nome del nonno, venne a sapere che lo SS-Hauptsturmfuhrer Karl Niemann era stato condannato per ‘crimini di lesa umanità’ e uso della ‘manodopera schiava’. Non ci volle molto ad identificarlo nella figura del nonno. Tutto combaciava. Purtroppo.
Disse un giorno ricordando quel fatto:
′′Ricordo di essermi sdraiato di colpo sullo schienale della mia sedia, essere andato nella stanza accanto e dire a mia moglie: Sarah, ho appena trovato mio nonno".
Fu uno shock tremendo, indescrivibile, un tir che lo investì in pieno a massima velocità. E la sua vita cambiò totalmente, inevitabilmente.
Iniziò a studiare gli archivi, a viaggiare, a percorrere la carriera del nonno nazista, a chiedere notizie in famiglia e a capire chi fosse stato per davvero il padre di suo padre, Rudi, che amava definirlo un ‘burocrate d'ufficio’.
Così Derek più volte precisò nel suo libro scritto appositamente e dal titolo eloquente ′′Un nazista nella famiglia′′ ( “A Nazi in the Family: The Hidden Story of an SS Family in Wartime Germany”) pubblicato in Italia il 21 giugno 2015 (era invece uscito il 5 marzo 2015 in Germania e Regno Unito).
Derek venne invece a sapere che, nei fatti, il nonno aveva il potere di un capitano della SS e che ‘organizzava la manodopera schiava nei campi di concentramento su una scala colossale’.
Scoprì, con la collaborazione della moglie, persino un tesoro di circa 500 antichi negativi di fotografie, che erano stati lasciati nella vecchia casa di Berlino, abbandonata in tutta fretta a fine guerra quando i Russi erano all’orizzonte. Destino volle che quei negativi fossero stati salvati a suo tempo da una famiglia di ebrei, a cui era stata assegnata la casa, nel ‘processo di riparazione’ dopo la guerra.
Mostravano una famiglia normale, un uomo che di sera o la notte era un padre ammirevole, molto tenero coi figli e la moglie, ma che durante la giornata, con la massima violenza e disumanità, destinava a morte migliaia di uomini, con lo stermino tramite il lavoro nei lager o nelle fabbriche connesse ai lager.
Derek venne così a conoscere come il nonno avesse viaggiato e lavorato in molti campi di concentramento, avesse gestito i libri contabili e finanziari di molti di essi, invitando i kommandant ad incrementarne la ‘produzione’. Come avesse diretto in prima persona un'impresa commerciale della SS, dedita preparare mobili e forniture di guerra, utilizzando ovviamente solo manodopera schiava. E chissà con quanti altri morti in quel business.
In quel modo aveva permesso ai suoi quattro figli – fino al termine della guerra – una vita agiata, una casa di lusso ed un giardino da fare invidia a tutta Berlino. E chissà quanti complimenti ricevuti dalla moglie Minna, dalle sue amiche, per questo.
Nel gennaio di pochi anni fa (nel 2018) Derek Niemann in un incontro a Londra, per la Giornata della Memoria, invitato da alcune organizzazioni ebraiche e finanziato e ‘coperto’ anche dalla BBC, parlò a molti figli e nipoti delle vittime della Shoah, riprendendo loro un ricordo di suo padre da bambino e che molti anni dopo, poco prima di morire gli aveva rivelato, quasi involontariamente, quasi senza rendersene conto, totalmente senza darne peso.
Un giorno, suo padre ancora piccolo coi tre fratellini e i genitori stavano alla finestra della caserma delle S.S. dove si erano fermati per alcuni giorni.
Ad un certo momento, sua madre - guardando verso un edificio basso con fumo scuro che usciva da un camino - chiese al marito :
'Sai cosa stanno facendo lì? ' ".
E questi, capitano delle S.S. di giorno e buon padre di famiglia nelle restanti ore, rispose tranquillamente e candidamente di: ' No ' ′ La madre non si accontentò: ' Stanno bruciando gli ebrei. Li stanno uccidendo e poi stanno bruciando i corpi ' ". E quando il marito insistette col suo: ' No, non lo farebbero ' lei non volle tacere: ' Sì, lo farebbero. Non senti l'odore della carne? '".
Ed erano a Dachau. Dentro il lager di Dachau.
Derek più volte ha contattato storici e affermati studiosi della Shoah, per capire l’atteggiamento del nonno e di quel rifiuto – almeno apparente – di non voler riconoscere e accettare quello che è stato riconosciuto come il più grande crimine mai commesso nella storia dell’umanità. Com’è possibile? Com’era anche solo pensabile? Accettabile?
′′ Possibile che mio nonno non sapesse cosa stava succedendo? Possibile che io possa andare nei campi a vedere figure scheletriche, vedere corpi, vedere gente che viene uccisa e non sapere cosa sta succedendo? '
"Le risposte furono sempre le medesime: ′′ È impossibile ".
Perchè allora? Perché 40/50 anni dopo si ragionava ancora così? Ma è servito il cosiddetto processo di ‘de-nazificazione’ in Germania? E verrebbe da chiedersi da noi di ‘de-fascistizzazione’ in Italia?
′′ Mio nonno - disse più volte Derek Niemann - come altri ufficiali della SS, è stato sottoposto ad un intenso esercizio di lavaggio del cervello. Se guardi circa 300 criminali nazisti che erano nella prigione di Landsberg in attesa della pena di morte, nessuno di loro - nessuno - ha mostrato rimorsi per quello che aveva fatto . Si rifugiavano felicemente nella religione. Trovavano sacerdoti che li avrebbero assolti dai loro peccati, ma non mostravano alcun rimpianto. Gli hanno fatto il lavaggio del cervello".
L’amorevole nonno Karl, il terribile SS-Hauptsturmfuhrer Karl Niemann – dottor Jekyll e mister Hyde – venne, a guerra finita, ricoverato nei campi di prigionieri per tre anni. Fu inviato alla commissione di ‘de-nazificazione’ per le accuse di ‘crimini di guerra e crimini di lesa umanità’.
Ma venne – come tanti - dichiarato solo colpevole di esser stato ‘un seguace nazista’. Era un pesce piccolo. Le prove importanti, i documenti compromettenti, che potevano forse farlo condannare, erano invece servite ed usate a Norimberga contro il suo capo diretto, Oswald Pohl, supervisore generale dei campi di concentramento, poi condannato a morte.
Era un pesce piccolo in Germania per la Storia della Germania.
Figuriamoci da noi, in Italia per la Storia dell’Italia, unico paese della società criminale costituita tra Roma-Berlino-Tokio, capace nemmeno a processare i propri carnefici. L’unico.
Ma questa – lo sappiamo - è un’altra storia, poco conosciuta e di cui poco è utile parlarne. Elettoralmente non conviene. Fa più voti esaltare la X Mas o dedicare vie ad Almirante o mausolei a Graziani. Basta vedere certi filmati sui giovani del partito di governo e i loro saluti nazifascisti, sconfitti dalla Storia e dalla dignità. Anche di questi giorni.
21 giugno 2025 – 10 anni dopo -
liberamente tratto dal mio ‘A Podhum io scrivevo sui muri’- ed. Ventus/AliRibelli - 2022
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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