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21 giugno 2025
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Rifugiati: nessuna poesia
di Nawal Soufi

Per ogni Giornata Mondiale del Rifugiato che si rispetti, bisogna tirare fuori qualche storiella, qualche ramanzina per far sentire tutti un po’ più umani.

Per parlare dei rifugiati, oggi, c’è chi condivide citazioni altisonanti, foto di mani intrecciate, frasi su speranza e resilienza.

Non è sbagliato, anzi… C’è chi riesce a parlare attraverso parole dolci, immagini simboliche, visioni di pace.

Io però faccio parte di un’altra categoria.

Un’altra scuola di pensiero, non migliore e non peggiore, ma più nuda, più cruda, più diretta.

Perché la realtà, nel 2025, non ha nulla di poetico. E ancora meno di fantastico.

E quindi oggi, per parlare di rifugiati, vorrei invitarvi a fare un gesto. Semplice, concreto.

Alzatevi.
Andate in bagno.
Cercate le lamette di un rasoio.
Guardatele.
E provate a immaginare tutti gli usi che una persona può farne.
Non per radersi. Non per depilarsi. Ma per sopravvivere.

Le lamette di un rasoio, per una persona che migra, possono essere qualcosa da ingoiare per bloccare un respingimento.
Ingoiarle prima di salire a forza su un aereo che lo riporterebbe nel Paese da cui è scappato, dopo aver magari venduto un rene, attraversato il deserto, rischiato di affogare nel Mediterraneo, solo per provare a costruire una vita migliore per sé e per la propria famiglia.

Le lamette possono anche servire per altro.
Le metti in tasca prima di entrare nell’ufficio immigrazione.
Aspetti la risposta per la tua domanda d’asilo.
E se quella risposta è negativa, se è il secondo rigetto, se sai che dopo quella porta potrebbe esserci l’arresto e la deportazione, allora te le pianti addosso.
Ti tagli davanti ai funzionari.
Ti tagli tutto, nella speranza che qualcuno capisca che non vuoi morire, ma nemmeno tornare indietro.
Che non c’è più niente da perdere.

Ecco, se proprio oggi vogliamo parlare dei rifugiati, non cerchiamo di usare solamente parole poetiche.
Usiamo le storie vere. Le peggiori.
Quelle che sono la conseguenza più diretta delle politiche migratorie europee.

Questa è l’Europa. Questo è il mondo nel 2025.
Un mondo che si definisce “civilizzato”.

Non siamo nel Medioevo. Eppure…

Non voglio immaginare cosa diranno le generazioni future.
Ma spero che almeno si ricordino che in tanti abbiamo provato a resistere.
Che abbiamo lottato con tutte le nostre forze.
Che non ci siamo voltati dall’altra parte.


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Dossier diritti

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