Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
Osservatorio sulla legalita' onlusscopi, attivita', referenti, i comitati, il presidenteinvia domande, interventi, suggerimentihome osservatorio onlusnews settimanale gratuitaprima pagina
16 giugno 2025
tutti gli speciali

Il monumento sul Monte Nero
di Rinaldo Battaglia *

Già nel luglio del 1920 a Trieste si riscontrarono vari morti, causa l’uccisione qualche giorno prima a Spalato di nostri marinai da parte di esponenti slavi. Per reazione, il 12 luglio venne dato alle fiamme l’hotel Balkan, sede di associazioni culturali e politiche di sloveni, serbi e croati. L’accusa era che fosse un covo insurrezionale. Mai completamente provato.

Il Piccolo di Trieste scriveva in quei giorni: «Le fiamme del Balkan purificano finalmente Trieste e purificano l’anima di tutti noi». Le nuove terre italiane divennero, inoltre, facile presa del nuovo squadrismo fascista, ancora prima della marcia su Roma. Come nel nord Italia ma qui, anche con motivazioni nazionalistiche e di rivalsa verso terre, solo qualche anno prima, nemiche sotto la bandiera austro-ungarica.

Inequivocabili le parole di Mussolini, non ancora Duce, il 22 settembre 1920 a Pola: 'Di fronte a una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500 mila slavi barbari'.

La politica del bastone. Sarà molto praticata e non solo fermandosi al bastone.

A Trieste i fascisti guidati da Francesco Giunta – uno dei peggiori e violenti – organizzarono un proprio partito armato, ben finanziato e spalleggiato da importanti imprenditori e finanzieri locali. In breve furono devastate le sedi di Edilnost, di professionisti slavi, di banche croate o slovene (Banca Adriatica, Banca di Credito di Lubiana, Cassa Risparmio Croata).

Giornali croati, come a Pola Hrvatski List, vennero subito soppressi. Numerosi gli assalti e le aggressioni anche a sedi operaie slave. Villaggi dati alle fiamme, come Krnica e Mackolje. A volte senza giustificazione, a volte con alibi di scarso valore. Fanatismo completo, il fanatismo del fascio. Un episodio, ad esempio, va ricordato per meglio capire il clima particolare verso la minoranza slava.

Il 16 giugno 1921 - 104 anni fa - venne inaugurato sul Monte Nero, a pochi passi da Caporetto, un monumento agli Alpini a ricordo dei morti di quell’orrenda tragedia. Qualche giorno dopo, alla notizia che il monumento fosse stato oltraggiato, si organizzarono spedizioni punitive (con squadristi persino dall’Emilia e dal mio Veneto) contro la minoranza slava su tutto il Carso, da Gorizia a Tolmino. Case bruciate, sloveni percossi, derubati, molti arrestati.

Il messaggio era chiaro: lo slavo era il nemico conquistato, il fascista era l’italiano che doveva portare l’ordine e la legalità sulle nuove terre. E il messaggio venne positivamente accolto anche da molti triestini e giuliani, che vedevano nel fascismo finalmente una rivincita dopo anni di torti e soprusi. Il solito film.

Mussolini sfrutterà molto, strada facendo, questo 'sentiment'. La guerra contro lo slavismo con metodi da fascismo di confine sarà nel ventennio un suo cavallo da battaglia.

E il monumento agli Alpini? Anni dopo, un’inchiesta dello stesso nostro governo accertò che aveva subito danni da… un forte temporale. Diremmo oggi una fake-news.

Il giornalista Livio Ragusin-Righi scriveva: "I nuclei sloveni della zona di confine non hanno mai avuto una propria storia nazionale, né una propria civiltà. L’opera (fascista) di colonizzazione ha tre aspetti principali: prima di tutto deve ridare alla popolazione il suo aspetto genuino (in altre parole civilizzarli), in secondo luogo viene la colonizzazione che si può chiamare Stato, costituita dall’opportuna dislocazione di scelti funzionari italiani, infine viene la saturazione completa (l’italianizzazione degli slavi)".

Solo nei primi anni del primo dopoguerra, dalla Venezia Giulia e Istria, in questo clima, emigrarono verso il Regno dei Croati e Serbi 30 mila, forse 40 mila persone, di cui ben 15 mila nei campi profughi. Cacciati via da quella che prima era la loro terra e vogliosi forse un giorno di tornarci, al prossimo giro di carte o dadi.

Solo nella città di Lubiana (Slovenia) e solo nel ‘19 ne arrivarono 5 mila. Un esodo giuliano-dalmata ripetuto più volte a seguire, talvolta anche in senso unico contrario o alternato. E, come tutti gli esodi, poco conclamati e pubblicizzati.

E saranno 40 mila invece gli italiani che, in quegli anni da varie regioni d’Italia, giungeranno in Istria per sostituirli. Non solo gerarchi fascisti, carabinieri o segretari comunali ma anche semplici maestri o intere famiglie di contadini, a cui erano stati assegnati i terreni prima sottratti o abbandonati dai contadini slavi. Anche famiglie in quanto bisognose d’aiuto per mariti o padri morti in guerra. Sulla falsariga di quanto avvenne nell’Agro-Pontino. Ma là le terre vennero rubate alle paludi malariche, qui ai contadini slavi.

E se le zanzare tenteranno di tornare nelle loro vecchie paludi, altrettanto faranno i contadini. Ognuno usando le proprie armi.

16 giugno 2025 – 105 anni dopo - dal mio ‘La colpa di esser minoranza’ - ed. AliRibelli - 2020

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


per approfondire...

Dossier diritti

_____
NB: I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI
CITANDO L'AUTORE E LINKANDO
www.osservatoriosullalegalita.org

°
avviso legale