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16 giugno 2025
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La mafia uccide d'estate
di Pino Maniaci

Si chiamavano Silvano Franzolin, Salvatore Raiti e Luigi Di Barca, ed erano tutti carabinieri in servizio presso la stazione di Enna.

Silvano era il più adulto del gruppo: aveva quarantuno anni e veniva dal Veneto. Salvatore, invece, era il più giovane: aveva appena diciannove anni e da poco aveva coronato il sogno di indossare la divisa.

Luigi, che di anni ne aveva venticinque, era quello che meglio conosceva il territorio, perché era nato e cresciuto a Valguarnera Caropepe, un centro di qualche migliaia di anime a circa ventiquattro chilometri da Enna.

Il 16 giugno 1982, stavano trasportando il boss catanese Alfio Ferlito da Enna al carcere di Trapani, a bordo di una Mercedes guidata da Giuseppe Di Lavore, autista della ditta privata che aveva in appalto il trasporto dei detenuti.

All'altezza dello svincolo per l'autostrada Palermo-Mazara del Vallo, l'auto venne affiancata da altri due veicoli con a bordo dei killer armati di fucili che fecero fuoco all'impazzata, uccidendo il boss, vero obiettivo dell'agguato, i tre carabinieri e l'autista. Erano da poco passate le dieci e la circonvallazione di Palermo si era trasformata in un teatro di guerra.

Sul luogo, pochi minuti dopo, arrivò il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, insediatosi circa un mese prima.

Sembra di vederli, i suoi occhi, che a stento riuscivano a trattenere le lacrime di fronte a quei tre servitori dello Stato barbaramente assassinati come dei boss, e di fronte a Giuseppe, quel giovane autista di appena ventisette anni che quel giorno sostituiva il padre.

A ordinare l'omicidio di Alfio Ferlito fu il boss catanese Nitto Santapaola, che organizzò l'attentato insieme ai Corleonesi per sbarazzarsi una volta per tutte di un nemico storico.

Teniamo viva la memoria di Silvano, Salvatore, Luigi e Giuseppe.


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