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08 giugno 2025
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Il gobbo
di Roberto Neri

Sono i giorni che seguono il 4 giugno 1944, data della liberazione di Roma; fuggiti i tedeschi, nella capitale italiana restano centinaia o più di fascisti che, nel giro di poche ore, da padroni diventano prede. Ai dipendenti del partito fascista, ai funzionari pubblici, e soprattutto ai membri delle forze dell’ordine la caccia è aperta, adesso.

Tra chi, in queste ore, spicca per la sua abilità nel catturare personaggi legati all’ex regime, da consegnare poi alla Commissione per le epurazioni, c’è Giuseppe Albano, 18 anni, noto come “il gobbo del Quarticciolo”. La sua malformazione risale a tanti anni prima, quando cadendo si era procurato una grave cifosi che lo aveva lasciato gracile e basso di statura.

Giuseppe poi, con la famiglia, dalla natia Calabria era venuto a Roma per vivere al Quarticciolo; qui, nelle case popolari e nelle baracche erano ammassati i romani espulsi dal centro storico per fare posto alla costruzione delle vie della Conciliazione e dei Fori Imperiali, come ordinato dal Duce.

Nella periferia della capitale erano più di una le borgate come quella della famiglia Albano nella quale, con gli anni, ai profughi venuti dal Sud a causa della guerra si erano assommati gli stessi romani, sfollati dai bombardamenti alleati. Ovvio che in tale precarietà l’antifascismo montasse di pari passo con la diffusione della malavita.

Crescendo qui “il gobbo” prende a comportarsi da piccolo malfattore; indossa sempre un elegante cappello “Borsalino” che lo rende carismatico. Ha però ancora i calzoni corti, anche dopo l’8 settembre 1943 quando si ritrova a porta San Paolo a fianco dei soldati italiani e dei civili che, armi alla mano, tentano di fermare l’entrata delle forze corazzate tedesche a Roma.

Albano si dimostra un combattente nato, ottenendo la fiducia della Resistenza che va organizzandosi in quei giorni. Con alcuni coetanei inizia una serie di colpi ai danni dei nazifascisti, divenendo per costoro un “elemento pericolosissimo”. Come per altri gruppi romani, la Resistenza del “gobbo” è qualcosa di spontaneo, oltre che di inedito per la sua carica rivoluzionaria.

Tra i sabotaggi e gli agguati a cui partecipa, celebri sono i suoi assalti a depositi di cibo e, mirando a chi si è arricchito con l’economia di guerra, gli espropri proletari ai quali seguono distribuzioni di vivande e beni alla gente delle borgate; una specie di Robin Hood, insomma. Nel gennaio 1944 gli Alleati sbarcano ad Anzio, a pochi chilometri da Roma; il nervosismo tedesco sale alle stelle. Le strade che escono dalla capitale verso la zona dello sbarco vedono un continuo viavai di mezzi e truppe; è qui che Giuseppe di notte colpisce, uccidendo decine di tedeschi nelle settimane seguenti.

Per catturare “il gobbo” ad aprile l’autorità germanica dispone il fermo di tutti i romani affetti da cifosi. Le carceri si riempiono di gobbi. Albano stesso finisce dentro, ma per un altro motivo: l’eliminazione di tre nazisti compiuta al rione Quadraro dal suo gruppo. Stranamente non sarà riconosciuto come “il gobbo” ricercato, ma torturato sì.

Una volta liberata, Roma continua lo stesso ad essere percorsa dalla banda del “gobbo”, che intanto si è offerto di aiutare la Questura per individuare i fascisti, ora privi della protezione tedesca. Ma i funzionari, molti dei quali erano al servizio dell’ex regime, prendono tempo. Giuseppe continua così a derubare ricchi coinvolti col fascismo, e a tormentare chi lo sosteneva.

Col clima che, rispetto alla Resistenza romana, da favorevole sta raffreddandosi in fretta, Albano inizia a diventare un problema per le autorità. Nel gennaio 1945 l’uccisione di un militare inglese viene imputata al “gobbo” che finisce ufficialmente tra i ricercati. Per lui al Quarticciolo arrivano persino i soldati, ma non è lì che viene trovato.

Giuseppe Albano sarà rinvenuto cadavere il 16 gennaio 1945 nell’elegante quartiere Prati; si parlerà di “conflitto a fuoco coi carabinieri” ma anche di regolamento di conti. Un deputato comunista indagherà altrove; “il gobbo” sarebbe stato ucciso su mandato di fascisti e monarchici, tra i quali il futuro re italiano Umberto II, per dare un segnale forte contro le epurazioni in corso.

Al Quarticciolo per la morte di Giuseppe ci sarà una mezza rivolta; la repressione di questa causerà la morte di anziano militante di sinistra, e decine di feriti e di persone incarcerate; tra queste, la fidanzata del “gobbo”, Iolanda Ciccola, futura esponente della Roma più tenacemente antifascista.

Figlio di una stagione di passaggio da una dittatura, sotto la quale era nato e cresciuto, ad una democrazia di belle speranze, Albano sarà ricordato anche a livello ufficiale come un partigiano e un patriota. A lui nel 1960 si ispirerà il film neorealista “il Gobbo”, regia di Carlo Lizzani, nel quale avrà una parte anche il giovane Pierpaolo Pasolini.


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