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Salvini torna a proporre la castrazione chimica
di Elisa Fontana
Matteo Salvini annaspa ogni giorno di più, stretto com'è dallo strabordare elettorale di Giorgia Meloni. Non sa come fare per recuperare voti ed elettorato, ma le sue percentuali sono sempre inchiodate a quel maledetto 8% e non si muovono. Senza contare poi il malumore diffusissimo della base, dei suoi sindaci “storici”, di qualche assessore regionale e degli storici presidenti di regione del nord.
E, insomma, non c'è pace fra gli ulivi. Per cui bisogna inventarsene una al giorno. Prima il Ponte sullo Stretto, poi la cooptazione di Vannacci, e in questi giorni si torna ad un grande classico: la castrazione chimica, come forzuta risposta dello Stato ad un problema che per Salvini non è un problema culturale, ma di mera regolazione degli ormoni.
D'altronde come potrebbe dire che la cultura dello stupro è innanzitutto un problema culturale uno che dai suoi palchi mostrava il manichino di Boldrini invitando gli astanti alle peggio cose, fra grasse risate e applausi? Meglio la castrazione chimica, eccita alla grande gli animi forcaioli e rimanda la figura dell'uomo decisionista che non si fa fregare da nessuno. E non vale nemmeno ricordare al Nostro che la castrazione chimica è un provvedimento che cozzerebbe alla grande contro quell’oggetto misterioso che certamente Salvini non ha letto con la dovuta attenzione: la nostra Costituzione.
Si è incaricato di smontare questa narrazione in tempi non sospetti (era il 2019) l'allora magistrato Nordio, oggi ministro altrettanto forcaiolo di questo splendido governo. Nel 2018 Salvini e Giulia Bongiorno avevano presentato un emendamento alla legge sul Codice rosso che introduceva la castrazione chimica “su base volontaria”. Emendamento che poi non passò. In quell'occasione Nordio parlò di “ritorno al medioevo”, in quanto si tornava né più, né meno che alla vecchia pena corporale, Ma non solo.
Scriveva Nordio: “Se la “castrazione” è un surrogato della pena, dev’essere provvisoria, e di conseguenza è inefficace. Se invece è irreversibile, costituisce una menomazione permanente come l’amputazione di un arto, e quindi, incidendo su un diritto indisponibile, è manifestamente incostituzionale”. Robetta, insomma. Cosa aspettarsi d'altronde da un forcaiolo come Salvini e da una avvocata come Bongiorno che ha allegramente cavalcato la Sindrome di Alienazione Parentale spacciando per vera una cosa senza alcun fondamento scientifico?
Insomma, come commentò Sabino Cassese, la castrazione chimica “è una pena inumana e contraria alla dignità della persona”. Ma direi che i richiami alla legge e alla Costituzione sono per Salvini dei messaggi totalmente ininfluenti davanti alla possibilità di raccattare una bella manciata di voti sbavanti.
E allora giova forse ricordargli le vicende penali e reiterate di don Gabriele Corsani, oggi ex sacerdote, ma nel passato vicinissimo alla famiglia Berlusconi tanto da celebrare i funerali della madre del cavaliere, ma noto soprattutto alle cronache giudiziarie, perché finito sotto processo per reati di natura sessuale ai danni di minorenni avvenuti una decina di anni fa e per i quali era stato prima condannato e poi assolto in appello per un cavillo che aveva fatto cadere l’accusa. Adesso che non è più sacerdote è di nuovo sotto processo per fatti che sarebbero avvenuti nel 2024 ai danni di altri due minorenni.
L’esimio ex sacerdote ricopre un incarico fiduciario nel comune di Sesto S.Giovanni, è presidente della Consulta delle Associazioni del Comune.
E chi l’ha messo in quella posizione? Il sindaco leghista Roberto Di Stefano, marito dell’eurodeputata Silvia Sardone, vicesegretaria della Lega Salvini Premier, che fa a gara con Vannacci a chi fa la faccia più feroce.
La domanda a Salvini sorge spontanea: procediamo con la castrazione chimica anche in questo caso? O, opportunamente, ci distraiamo?
* Coordinatrice Commissione Politica e Questione morale dell'Osservatorio
 
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