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Referendum: saniamo ingiustizie e contraddizioni
di Franca Zanaglio
L’8 e 9 giugno, andiamo a votare perché è una scelta potente, un gesto che dice che in Italia esiste ancora una cittadinanza attiva e in quale paese vogliamo vivere, un'Italia più giusta, più inclusiva.
Votare non è un obbligo di legge ma è un dovere morale.
E' morale votare per i diritti essenziali come la tutela dei lavoratori e la lotta al precariato quindi alla povertà, per il riconoscimento della cittadinanza a chi vive qui da anni, lavora e paga le tasse, studia (magari per diventare un cittadino migliore e più degno di tanti cittadini italiani per nascita) e contribuisce alla nostra società.
Chi nasce qui dove non esiste lo ius soli e neppure lo ius scholae da genitori stranieri non ha automaticamente diritto alla cittadinanza, che può essere chiesta solo a 18 anni, con un iter molto complesso, lungo e dall'esito non scontato.
Chi invece nasce all’estero e arriva in Italia anche subito dopo, è sottoposto a criteri e procedure ancora più escludenti, essendogli precluso l'accesso alla domanda al compimento della maggiore età.
Non possono votare e non possono accedere ai concorsi pubblici e tantissime ragazze e ragazzi non possono partecipare a esperienze all’estero, come l’Erasmus, non possono rappresentare l’Italia nello sport, hanno difficoltà anche a viaggiare per via dei permessi e dei visti da richiedere.
Migliaia di bambini e giovani che sono cresciuti in Italia, parlano italiano, studiano, lavorano e pagano le tasse, non hanno gli stessi diritti dei loro coetanei italiani.
Questa così com'è è una società divisa tra cittadini di serie A e di serie B.
Hajar Drissi, arrivata nelle Marche nel 2006 a 8 anni e attesa la cittadinanza per 16 anni racconta:
“Prima le assenze per andare a prendere le impronte in questura, un’esperienza di una violenza inaudita quella di prendere le impronte di una bambina di 8 anni. Poi, i volti mortificati delle mie insegnanti del liceo quando si iniziava a parlare di gita all’estero.
Infine ritrovarmi con la carriera universitaria bloccata a causa del permesso di soggiorno scaduto.”
La cittadinanza le ha cambiato la vita, dandole la libertà di muoversi, studiare, lavorare, facendola sentire pienamente parte del paese dove è cresciuta.
Infine ricordo l'assurdità della Legge Tremaglia (fascista repubblichino) emanata dal primo governo Berlusconi con il chiaro intento di acchiappare i voti dei discendenti di emigrati italiani, soprattutto sudamericani, che dà la cittadinanza a individui che vantano un trisavolo e nessuna nozione di cultura italiana se non forse qualche elemento di gastronomia e due parole in dialetto tramandate in famiglia.
Questi oriundi sono arrivati in massa in Italia senza creare alcuno scandalo e quelli rimasti nei loro paesi possono votare per il nostro Parlamento, non sapendo nulla di quanto avvenga qui, di quanto sia avvenuto e di come la società italiana sia cambiata dai tempi in cui i loro antenati emigrarono. Siamo un paese pieno di assurde contraddizioni.
L'8 e il 9 giugno andiamo a votare e votiamo cinque volte SI'!
 
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