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A volte non è abbastanza
di
Rinaldo Battaglia *
Il 6 giugno 1944 sulle coste della Normandia iniziava in Europa la liberazione dal nazismo di Hitler, dopo che l’anno prima – il 10 luglio 1943 – era toccata all’Italia. La 7° armata statunitense del generale Patton e l'8° armata inglese del generale Montgomery, sbarcando in Sicilia, avevano allora colpito a casa sua il socio di Hitler, cioè noi. E il prezzo pagato fu immenso.
Ora toccava ai nazisti. Ma anche per gli alleati il prezzo in termini di vite fu altissimo. Solo il D-Day, solo in quel giorno sebbene più lungo degli altri, si portò via oltre 4.400 uomini e quasi 9.000 furono i dispersi o i feriti gravi. In un solo giorno e solo su quel fronte. Molti erano ragazzi, inesperti, quasi tutti non sapevano cosa volesse dire nazismo o fascismo, anche se per loro il 'male assoluto', da stramaledire in ogni attimo, aveva il nome del Fuhrer e del Duce.
La strada, che da Omaha Beach arriverà alla resa nazifascista, durerà altri undici lunghissimi mesi e si porterà via milioni di altre vite.
Un anno fa alle celebrazioni dell’80° del D-Day vi erano ancora presenti alcuni ‘reduci’, alcuni di quegli eroi sopravvissuti alla guerra e che mai hanno sanato le ferite subite nell’anima. Neanche dopo 80 anni, perché probabilmente solo la loro morte li libererà da quegli incubi tremendi. Troppi morti, troppi ricordi li avranno accompagnati inevitabilmente nel loro sopravvivere.
Vi erano anche ovviamente gli Alti Rappresentanti dei vincitori e dei vinti del D-Day. E sebbene noi non presenti ufficialmente sullo scacchiere di battaglia quel giorno (se non per i figli degli italo-americani), noi di certo eravamo tra i secondi, in quanto soci ed assassini coi nazisti. Questo andrebbe ricordato anche a coloro che oggi esaltano la X Mas, accusano a voce alta se in consiglio comunale qualcuno definisce antifascista la Costituzione Italiana (come avvenuto a Marcon il 4 giugno 2024) o viene schedato se grida ‘viva l’Italia antifascista’ alla prima della Scala.
Nella mia Vicenza c’è chi ha esaltato nei giorni dell’adunata nazionale, del 2024, degli Alpini la 4° Divisione Alpina Monterosa, una delle unità militari più cruente, razziste ed assassine alleate ai nazisti, in particolare ai tempi del generale Mario Carloni. Tra gli applausi, le bevute e le amnesie di tutti.
Non so se questo sia normale, se questo sia progredire o regredire. So solo che ricordare storicamente cos’è stato il D-Day a volte non è abbastanza, se alla base non c’è la conoscenza di come ci si è arrivati e perché. Senza fare sconti a nessuno, ma senza confondere i ruoli, le divise, le bandiere e le ideologie.
A volte non è abbastanza, ma il ‘nascondere’ o, peggio, ‘riscrivere’ la Storia non porta a nulla di buono. E di guerre ne abbiamo già a sufficienza. Conoscere la Storia non è più abbastanza, serve di più, avendo già perso ‘i reduci’ e i testimoni viventi di quella catastrofe.
A volte non è abbastanza. Pensate: neanche la Seconda Guerra Mondiale, neanche migliaia di cimiteri e croci bianche, neanche i grandi criminali che hanno portato il mondo alla distruzione, non sono stati sufficienti. Cosa ci serve ancora?
Troppe volte, ancora oggi, non è stato abbastanza.
6 giugno 2025 – 81 anni dopo il D-Day. – Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Seconda Parte” - Amazon – 2024
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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