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06 giugno 2025
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Referendum: non sono sotto-occupati ma sfruttati
di David Cappellini

La logica è quella liberista, inutile che Renzi la infiocchetti durante le sue numerose comparsate in tv: abbassare il costo del lavoro e le tutele per i lavoratori, per creare occupazione ed essere competitivi sul mercato. Togliere cioè, ogni vincolo sociale alle aziende che secondo la narrazione di Hayek e compagnia, sono gli unici enti che creano lavoro.

In realtà come si affaccia una crisi, le banche non prestano piu capitali e le aziende non investono, né assumono e l' unico soggetto anticiclico, lo Stato, secondo la loro concezione, è escluso dal processo occupazionale e produttivo. Allora che accade? Che le aziende, procrastinandosi la crisi, licenziano liberamente, grazie alla legislatura vigente.

Anzi, la deflazione salariale è la conseguenza più diretta, non a caso in Italia i salari sono diminuiti dal 1992, perché quando le aziende iniziano a riassumere, lo fanno con stipendi bassissimi che creano milioni di lavoratori poveri. Non sono più sottoccupati, ma sfruttati e i record stabiliti dal governo in carica sono questi, 6,5 milioni di lavoratori a tempo indeterminato, sotto i 1000 euro di reddito mensile. Non a caso i fautori delle leggi sulla flessibilità del lavoro, sono anche contrari al salario minimo.

È per via della solita concezione profondamente sbagliata secondo cui bisogna stimolare l'offerta, per creare lavoro. In realtà se non crei la domanda, soprattutto con politiche di sostegno sociale (introducendo il salario minimo, aumentando le pensioni medio-basse e gli sgravi fiscali, diminuendo i costi della sanità e della scuola pubbliche, introducendo misure di sostegno economico come il Reddito di Cittadinanza) aumentando la spesa pubblica, nessuno compra e consuma, perché non ha accesso al mercato e l'offerta va a farsi benedire.

Quindi il Job's act, così come la riforma Fornero e prima di loro le riforme di Biagi, sono concettualmente sbagliate. Vanno a incidere esclusivamente su una delle due parti in causa, la forza lavoro, in funzione di una liberalizzazione che storicamente non risolve le storture, ma amplifica le vecchie e ne crea di nuove.

Va bene anche ridurre il cuneo fiscale ad imprese e famiglie, ma se non esiste un piano di sviluppo industriale con un ruolo attivo dello Stato, le risorse si disperdono in mille rivoli, magari a vantaggio di categorie già privilegiate e l'unico lavoro che si crea, è quello povero.

E parallelamente il debito pubblico diminuisce solo nell'immediato, perché agisci con i tagli sul debito e non con gli investimenti sul PIL e quindi dopo poco tempo, riprende quota, in virtù anche di politiche fiscali sbagliate, che aumentano la pressione, come succede adesso, ma non stimolano la produttività.

Eppure la sbornia ideologica post 1989 è questa, terrorizzati dal comunismo, hanno gettato via anche il buonsenso, se mai destra e sinistra neoliberali, lo abbiano mai avuto.


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