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04 giugno 2025
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Russia non tiene i bombardieri negli hangar. Perché?
di Francesco Dall'Aglio

Cerchiamo per quanto possibile di rispondere a una domanda: perché i russi non hanno costruito degli hangar per i loro bombardieri, come fanno tutte le nazioni sagge e avvedute?

La questione è complessa, e ha a che fare sia con lo START/New START che con le ‟best practice” del settore. Nei giorni scorsi si è diffusa la voce che gli aerei russi non siano ricoverati negli hangar (meglio: che gli hangar per loro non esistano proprio, come in effetti è) per via delle clausole del trattato START che li obbligano, come obbligano gli USA, a tenerli sempre in vista.

Una precisazione iniziale: spesso si legge che la Russia si è ritirata dal New START il 21 febbraio 2023. In realtà ha sospeso la sua partecipazione finché gli USA continueranno ad armare l’Ucraina, ha chiesto che il trattato (o un trattato simile) venga esteso anche a Francia e Gran Bretagna, e ha ovviamente messo in pausa le ispezioni ma continuerà ad osservare il trattato fino alla scadenza del 4 febbraio 2026. Detto questo, riguardo al trattato la cosa non è così semplice. Uno in genere è portato a pensare che accordi del genere siano le Tavole della Legge, in cui ogni minuzia è attentamente specificata e incisa nella pietra, ma in effetti non è così. Come ogni cosa messa su da negoziatori e avvocati, è molto aperto alle interpretazioni su alcuni dettagli, e questo è uno di quelli.

Dunque: in base agli articoli dello START (Strategic Arms Reduction Treaty, 1991) e del New START (2010), i bombardieri strategici che possono utilizzare armi nucleari devono essere soggetti a verifiche attraverso ‟i mezzi tecnici nazionali a propria disposizione” (art. VI del trattato New START), ovvero i satelliti, e ispezioni ‟di tipo uno”, cioè sul posto (Protocollo New Start, parte 5, sezione VI) ‟per confermare l’accuratezza dei dati dichiarati sui bombardieri pesanti, schierati e non schierati, equipaggiati per le armi nucleari, e il numero di armi nucleari collocate sui bombardieri schierati, se ce ne sono” (‟schierato” significa un bombardiere armato con armi nucleari e pronto a operare.

Il loro numero può anche essere zero, naturalmente). Altri articoli del protocollo prevedono poi che le parti manifestino chiaramente quali sono i bombardieri equipaggiati con armi nucleari (specie se lo stesso tipo di bombardiere utilizza anche armi non nucleari), e che ci si scambi sempre le informazioni sul numero, sulla dislocazione e sui movimenti dei bombardieri strategici schierati e non schierati.

Qui sorge subito un problema: non è specificato da nessuna parte che i bombardieri debbano SEMPRE essere visibili via satellite ma solo che il loro numero, e se sono ‟schierati” o ‟non schierati”, debba essere notificato. Cosa impedisce ai russi di tenerli negli hangar e di tirarli fuori solo quando viene richiesta una verifica? Nulla, in effetti. Del resto nulla impedirebbe agli USA di fare lo stesso, eppure non lo fanno, come si rileva da alcune foto recuperabili senza problemi da Google Maps.

In quelle che si riferiscono alla base di Barksdale, Louisiana, dove è alloggiata circa metà della flotta statunitense di B-52, si vedono gli aerei sulla pista, parcheggiati un po’ come capita;si vede che su tutta la struttura della base non è presente alcun hangar, ovvero che restano sulla pista, come quelli russi. Nella base di Altus, Oklahoma, nessun hangar e bombardieri sulla pista. A Dyess, Texas, nessun hangar e aerei sulla pista – B-1, tra l’altro. A Minot, North Dakota, nessun hangar, altri B-52 parcheggiati sulla pista ma un appetitoso Bomber Bistro che mi piacerebbe visitare, eccetera eccetera (potete passare un pomeriggio di gran divertimento a guardare tutti gli aeroporti militari statunitensi, e pure quelli russi per par condicio).

Si direbbe, insomma, un problema comune. E i motivi? Svariati: al di là delle richieste START che abbiamo capito non essere poi così fondamentali, al di là del costo che sarebbe spaventoso, c’è il fatto che sono aerei enormi e non facilissimi da manovrare, per cui costringerli in spazi relativamente angusti potrebbe non essere un’ottima idea, senza contare che le operazioni di rifornimento e armamento andrebbero fatte comunque all’aperto. Ma soprattutto che basta guardare i luoghi in cui gli USA tengono i loro bombardieri (Texas, North Dakota, Oklahoma, eccetera), e i luoghi in cui li tengono i russi.

Chi dovrebbe colpire l’aeroporto di Altius, gli houthi dallo Yemen? Certo ora bisogna vedere che faranno anche gli statuntensi, perché come si evince dalle foto intorno alle basi c’è un bel po’ di animazione, e anche quelle costruite in mezzo al deserto con un camion ripieno di droni le raggiungi senza problemi. Dopo l’attacco del 1 giugno, da questo punto di vista, cambieranno parecchie cose ovunque, non solo in Russia.

Ma quindi, ultima domanda, perché blogger come Fighterbomber stanno impazzendo da giorni sul fatto che non ci sono gli hangar? Ma perché per loro ogni ipotetico problema che riguarda l’aviazione (e diciamoci la verità, l’attacco del 1 giugno era PARECCHIO ipotetico) andrebbe previsto e neutralizzato immediatamente, anche con lo 0,1% di possibilità che si verifichi. Chiedere a Fighterbomber o simili come gestire gli aeroporti militari è come chiedere a me come gestire i dipartimenti di storia medievale: semplice, ogni anno assegni il 100% delle risorse del Ministero dell’Istruzione, raddoppiate ogni anno. Le nostre valutazioni fanno poco testo.

PS, per i NAFO in ascolto pronti a calare dicendo EH MA ALLA BASE DI WHITEMAN GLI HANGAR CI SONO CARO IL MIO PUTINIANO! Sì, ci sono, ma per un motivo molto semplice che non ha niente a che fare con la necessità di proteggere gli aerei da droni o missili (tanto che sono di lamiera, non di cemento armato). A Whiteman ci sono i bombardieri stealth B-2, che sono ricoperti di una vernice speciale che riduce le emissioni radar e che necessita di condizioni controllate di clima e umidità altrimenti si rovina (il che ci lascia qualche dubbio sull’effettiva operabilità di questi aerei in un conflitto prolungato tra pari strategici, che sarà probabilmente il motivo per cui hanno smesso di produrli).

Gli hangar infatti li produce, solo per loro, la Ivey Mechanical al costo di 2.5 milioni di dollari al pezzo; i B-2 operativi sono 19, fatevi il conto. C’è una soluzione più economica (insomma...) che viene usata ad esempio a Diego Garcia, gli hangar trasportabili B2SS, sostanzialmente un tendone. Ci vogliono 70 giorni per montarli e il costo è sostanzialmente lo stesso, tra i 2 e i 2.5 milioni di dollari al pezzo. Infatti a Diego Garcia ce ne sono 4, cosa che ha provocato un po’ di polemiche perché recentemente la base ha ospitato 6 B-2, e due sono rimasti fuori.


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