Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
Osservatorio sulla legalita' onlusscopi, attivita', referenti, i comitati, il presidenteinvia domande, interventi, suggerimentihome osservatorio onlusnews settimanale gratuitaprima pagina
03 giugno 2025
tutti gli speciali

Meloni lo dice ma non lo fa
di Elisa Fontana *

In questi primi anni di governo Meloni tutti i commentatori chiamati a vario titolo ad esprimere un giudizio sul governo, sono stati concordi nel definire la sua classe dirigente più che mediocre alla prova dei fatti, mentre lei si distingueva per intelligenza politica. Ora, non è per fare il bastian contrario, ma credo che questa formuletta cominci ad aver l’odore della mera sopravalutazione o, nel peggiore dei casi, del servo encomio.

Dopo quasi tre anni di governo possiamo ben tracciare il percorso politico di Giorgia Meloni alla prova dei fatti. E notiamo a colpo d’occhio che tutta la sfrontata sicumera con cui berciava da tutti i palchi nel momento in cui avrebbe dovuto mettere in atto i suoi provvedimenti identitari veniva ingloriosamente meno. E non sto nemmeno a parlare delle accise e dei blocchi navali, fanfaluche a cui non credeva nemmeno lei, ma buone per catturare i gonzi. No, parlo proprio della postura istituzionale e politica di un capo di governo.

Ha cominciato in Europa stringendosi ai suoi alleati naturali, quella destra estrema di patrioti che sognano una internazionale nera, ma al contempo ha stretto un rapporto personale con Ursula Von der Leyen che, in verità si sarebbe alleata anche con Scaramacai in vista della sua rielezione a presidente della Commissione europea. Non ha mai avuto parole chiare sul ruolo in Europa dell’Italia, anche se ha fatto ben intendere dove battesse il suo cuore. Anzi, ne ha mostrato sempre una lontananza mai esplicitata chiaramente, ma veicolata con messaggi sottintesi, collegandosi da remoto ai vertici o assistendo ingrugnata a quelli di presenza.

L’apoteosi l’abbiamo raggiunta con l’elezione di Trump che per lei politicamente è il faro da seguire, ma visti i danni che sta facendo in giro per il mondo e in Europa non lo si può seguire apertamente. E allora facciamo il tifo per lui, ma non lo diciamo. E, però, non prendiamo nessuna posizione netta che possa dispiacergli, non una sillaba sulla questione palestinese se prima non si esprime Trump, costretta poi a denti stretti a convenire con Mattarella che, alla fine, sulla questione si è espresso.

L’unica cosa su cui non riesce a frenarsi sono le espressioni facciali e il linguaggio del corpo in genere, che non mentono mai. Ed ecco le espressioni estasiate nelle foto con Musk che le consegna un premio, gli occhi che roteano davanti a Edy Rama, i sorrisi soddisfatti davanti a Trump, la faccia di pietra davanti a Macron al G7 a Borgo Egnazia.

Cosa voglio dire con queste notazioni? Che quando si dice che la sua classe dirigente è più che mediocre, ma lei svetta per intelligenza, si dice un qualcosa che non ha riscontro nella realtà. Innanzitutto perché la classe dirigente l’ha scelta esclusivamente lei insieme alla sorella e sarebbe bello conoscere i criteri con cui è avvenuta, al di là della strettissima fedeltà al capo.

Secondariamente possiamo riconoscere a Meloni sicuramente una grande furbizia politica, dote che, però, è molto lontana dall’intelligenza politica ed è cosa ben diversa. E’ furbizia cercare di tenere il piede in due scarpe, tifare per Trump ma non tagliare di netto con l’Europa, rinsaldare i rapporti con le destre estreme nel mondo, ma defilandosi, ricevere in pompa magna il candidato rumeno alle presidenziali di estrema destra ed anti europeista ma nella sede del partito, non a Palazzo Chigi.

E, infine, l’ultima furbata sul referendum: vado a votare, ma non ritiro le schede. Cioè vado al seggio, saluto cortesemente i componenti del seggio, auguro loro buon lavoro e vado via. Quindi, non voto. Comunicato nel giorno in cui festeggiamo il referendum più importante della nostra storia. La classe non è acqua, ne converrete. E la furbizia anche.

Ma allora, qual è la differenza con la sua impresentabile classe dirigente? La mancanza di furbizia, appunto. Ci sono ministri che credono, per il solo fatto di essere arrivati fin lì, che tutto sia loro permesso e che, in fondo, le loro sono solo parole, tradendo il difetto di fondo con cui sono stati assemblati: che basti un profluvio di parole per incantare l’uditorio. Insomma, la quantità di quel che si dice è preferita alla qualità, ma, d’altronde, nessuno glielo ha mai chiesto, dunque a che scopo?

Meloni no, Meloni la scuola della propaganda l’ha fatta puntigliosamente e in generale, sa calibrare le parole d’ordine per galvanizzare il suo popolo con quelle fintamente istituzionali. Perché dire ieri che andrà a votare senza prendere e schede è esattamente questo: un messaggio al proprio popolo, non andate a votare nei fatti, mentre nelle parole io sto dicendo che vado a votare.

Ecco, questa è la differenza con la sua classe dirigente che la fa svettare sopra un mare di goffaggini, insipienze, discorsi oscuri, ignoranze conclamate, un mare magnum in cui l’unica dote richiesta è sempre stata solo ed unicamente la fedeltà al capo. La grande dote di Meloni non è la prudenza, come ci viene gabellato da più parti più o meno interessate, è proprio non sapere come posizionarsi, per una totale mancanza di visione e di mezzi per raggiungerla, che non siano i romanzi di Tolkien e tutta la stucchevole retorica costruitaci sopra.

Quando Meloni ha detto dopo la vittoria che erano pronti voleva semplicemente dire che erano pronti all’assalto alla diligenza, cosa che hanno dimostrato ampiamente e senza deflettere. Per imparare a governare ci sarà tempo, se è proprio indispensabile.

* Coordinatrice Commissione Politica e Questione morale dell'Osservatorio


per approfondire...

Dossier diritti

_____
NB: I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI
CITANDO L'AUTORE E LINKANDO
www.osservatoriosullalegalita.org

°
avviso legale