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02 giugno 2025
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Facili costumi e soliti fascismi
di Rinaldo Battaglia *

Molte stragi nazifasciste scaturirono non per rappresaglie di precedenti attentati, assalti partigiani, o punizioni a 'suonatori in pensione' ma per cause molto più futili e meno dignitose.

Come la strage di Leonessa, vicino a Rieti, del 6/7 aprile ‘44, ove vennero uccisi 35 innocenti. Tutto successe per colpa di Rosa Cesaretti, una ragazza di 24 anni, molto appariscente e di “facili costumi”, se non peggio.

Tutta la famiglia e in particolare i fratelli la ostacolarono nella sua attività, o meglio la ripudiarono, cacciandola. A casa vi ritornò, accompagnata da alcuni tedeschi guidati dal ten. delle S.S. Hoppen Wolff e da un gruppo di italiani, repubblichini di Salò, vestiti quel giorno da nazisti. Erano nazisti del Panzerkorp del generale Ludwig Schanze.

Rosa aveva preparato una lista di 23 compaesani che dovevano essere uccisi, con l’accusa di essere partigiani o comunisti. Per primo il proprio fratello Attilio, poi i tre fratelli Angelucci vicini di casa, i 4 fratelli Calandrini, persino don Concezio – forse per qualche penitenza richiestale – i 6 componenti della famiglia Raucco. E altri, anche extra-lista. Moriranno tutti, tranne Domenico Calandrini, ferito gravemente ma salvato dal corpo dei fratelli e creduto morto. Si salverà anche Marzo Renzi, nascostosi quando lo cercarono e non lo trovarono.

Loro due testimonieranno già nell’immediato dopoguerra e faranno anche i nomi dei fascisti presenti all’eccidio vestiti da tedeschi (tra cui il riconosciuto compaesano Di Sabantonio), già nel processo di Rieti. Ma si disse che la delatrice Rosa fosse fuggita coi tedeschi in Germania e poi morta suicida a Wroclaw in Polonia il 9 febbraio 1945. Quindi finì tutto nei fascicoli nascosti dell’armadio della Vergogna di Via Acquasparta, travato solo nel 1994. Tutto, ivi compresa una missiva del Comando 116 legione della G.N.R. Guarda Nazionale Repubblichina che segnalava l’azione.

Il tutto fu confermato da nuove ricerche nel marzo 2001, ove si scrisse che «dopo che fu terminato il rastrellamento nazista del 4 aprile, nei giorni del 6 e 7 avvenne una nuova rappresaglia, assolutamente non giustificata, da un reparto tedesco, guidato dalla delatrice Rosa Cesaretti, nel quale sembra fossero inseriti elementi della GNR di Rieti. Vennero fucilati 35 cittadini inermi».

Riprese le ricerche, dopo il 2 giugno 2002, solo 23 anni fa, anniversario della nascita della nostra Repubblica, si scoprì che non solo che il tenente Wolff era vivo e vegeto, ma lo stesso anche per Rosa Cesaretti rintracciata in Germania dove viveva col figlio Heinz.

Domenico e Marzo non poterono fare altro. Amnistie, prescrizioni varie non hanno mai permesso loro di sapere le vere cause del massacro delle loro famiglie e di quelle dei loro amici di Leonessa.

Anche qui grazie 'all’armadio della vergogna'. E di tutti coloro che protessero gli assassini. In altre parole ancora ‘costumi facili’ ma anche e sempre ‘soliti vecchi fascismi’.

Il caso di Rosa andrebbe bene studiato al fine di capire dove ti porta la guerra, anche nel caso in cui la guerra diventi mezzo per propri fini personali di bassa, bassissima moralità che ti portano addirittura a sacrificare e tradire la propria famiglia. Cosa che non fanno neanche gli animali.

Mark Twain 150 anni fa scrisse che: “Il fatto che l'uomo sappia distinguere il giusto dallo sbagliato prova la sua superiorità intellettuale sulle altre creature; ma il fatto che egli possa agire in modo sbagliato prova la sua inferiorità morale rispetto a qualsiasi creatura che non può farlo.”

Come dargli torto.

2 giugno 2025 – 23 anni dopo - liberamente tratto dal mio ’La colpa di esser minoranza’- AliRibelli – 2020

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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