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30 maggio 2025
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Ucraina: fra tante leggende tutti i numeri vengono al pettine
di Francesco Dall'Aglio *

Dall’inizio del conflitto ci è stato chiesto di credere a una serie di leggende, presentate naturalmente come verità talmente tanto evidenti ed ovvie che non valeva la pena di sottoporle al vaglio critico della ragione, della probabilità o del ‟fact-checking”.

Non mi riferisco qui alle cose più palesemente assurde, tipo ‟fantasma di Kiev” o pensionata/pensionato che abbattono drone con barattolo di pelati/abbattono Su-24 con fucile da caccia. Queste sono cose tutto sommato normali nelle mitologie di un conflitto e se qualcuno ci ha creduto davvero, beh, ‟honi soit”, come si dice. Mi riferisco a leggende molto più pervasive, perseguite coscientemente dall’inizio del conflitto, diffuse da tutti i media senza eccezione e di continuo, e molto più importanti per indirizzare l’opinione pubblica nella direzione desiderata, ovvero il sostegno alla causa ucraina (o NATO, se preferite. Io preferisco).

Tra queste leggende un posto particolare lo occupa quella che si riferisce alle perdite tra i militari: militari russi, naturalmente, perché delle perdite militari ucraine non si parla mai, nemmeno per dire che sono bassissime. Sostanzialmente il concetto stesso di caduti ucraini è rimosso completamente dal discorso sul conflitto, mentre al contrario il discorso sulle perdite russe è ossessivo e martellante.

Le perdite sono presentate come altissime a causa di una serie di fattori anch’essi dati per scontati: tattiche militari antiquate, disinteresse completo da parte degli alti gradi nei confronti della sopravvivenza della truppa, qualità bassissima dei militari, equipaggiamento scadente, fatalismo e rassegnazione ‟sovietiche” del cittadino russo, alcolismo, disagio psichico, e insomma tutta una serie di luoghi comuni che, essendo comuni, non c’è bisogno di indagare.

Va da sé che essendo questo un discorso esclusivamente russo non si applica all’Ucraina (l’idea che la Russia e l’Ucraina post-sovietiche siano due mondi radicalmente diversi per cultura e atteggiamento è una delle amenità più ridicole dell’intero discorso sul conflitto): essendo questi i motivi delle perdite russe, ed essendo specifici della Russia e dunque inapplicabili all’organizzazione dell’esercito ucraino, l’idea che quest’ultimo abbia un numero irrisorio di perdite è perfettamente giustificata. E così, dall’inizio del conflitto l’idea di un numero mostruoso di perdite russe è uno degli argomenti principali utilizzato da coloro che ritengono che, insistendo ancora un po’ nel sostegno all’Ucraina, a breve la guerra terminerà per semplice esaurimento del materiale umano russo. Le cifre sono quasi mai definite, ma sempre mirabolanti: stando al conteggio fornito ogni mattina dal Ministero della Difesa ucraino, i caduti sono arrivati quasi al milione.

A onor del vero la nostra stampa non si spinge a citare questo numero (con alcune eccezioni), ma si impegna in una serie di ingegnosissime analisi ed estrapolazioni che restituiscono comunque numeri prodigiosamente alti (ho già detto che l’analisi probabilmente più sensata, quella fatta da Mediazona/Meduza che ha contato grosso modo 100.000 morti, non viene quasi mai citata. Lo ha fatto una volta la BBC e la cosa è stata molto, molto malvista, perché tra un milione e 100.000 c’è una grossa differenza). Per quanto riguarda i caduti ucraini, invece, quasi nessuno ha sentito l’esigenza di indagare.

Dal 2022 in poi i tentativi di fornire una cifra ragionevole si contano letteralmente sulle dita di una mano, e nella maggior parte di questi pochi casi ci si è limitati a ripetere le cifre fornite dalla parte ucraine, che sono ridicolmente basse. L’ultima è del febbraio 2025, tre mesi fa, quando Zelensky ha citato il numero di 46.000 morti. La cosa è stata ripresa dal Guardian ed è finita lì, con parecchi commentatori che si sono meravigliati che la cifra fosse, a loro dire, così alta.

Più alta ancora è la cifra fornita da UALosses, progetto anch’esso messo su da Mediazona/Meduza e BBC, che ne hanno contati a maggio 2025 quasi 71.000, sottolineando che si tratta di cifre certamente rivedibili verso l’alto (lo hanno detto anche della loro indagine sulle perdite russe). Se prendiamo per buoni i dati Mediazone, avremmo dunque 100.000 caduti russi e 70.000 ucraini. Numeri che sembrerebbero sfavorire la Russia, ma che sono ben lontani dall’indicare un tracollo imminente o problemi strutturali di tattica ed equipaggiamento (tre anni di conflitto contro un quasi-pari strategico non sono una passeggiata, e paragonare questo conflitto a Desert Storm è da incompetenti o da stupidi).

Se non si parla mai delle vittime tra i soldati ucraini, si parla invece moltissimo delle vittime civili. La cosa è ovvia, perché il concetto stesso di vittime civili ci repelle, e giustamente (a me repelle anche quello delle vittime militari, ma tant’è). L’enfatizzazione delle perdite civili va di pari passo con il silenzio su quelle militari, e la ragione è semplice: far sembrare che il numero di vittime civili sopravanzi quello militare (cosa mai vista dalla prima guerra mondiale in poi), per rafforzare il concetto che le perdite militari siano basse, inferiori appunto a quelle civili, e soprattutto serve a far sembrare i civili le prime vittime del conflitto, e la loro morte come l’obiettivo principale delle operazioni militari russe.

Si parla senza mezzi termini di stragi continue quando non di vero e proprio genocidio (le cifre fornite dalle autorità ucraine sui morti civili a Mariupol, ad esempio, variano tra i 20.000 e i 100.000 a seconda delle fonti), lasciando però nel vago il numero delle vittime: cosa ovvia, perché se si vanno a controllare le cifre fornite dall’OHCHR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, link 1) i morti civili al 30 aprile 2025 sono 13.134 (cifra anch’essa, naturalmente, rivedibile verso l’alto), cifra bassa in assoluto (la stima più bassa per i morti civili in Iraq va da 186.000 a 210.000, ma il consenso generale li pone a 400-600.000) e soprattutto se paragonata al numero di morti militari, anche considerando la cifra più bassa fornita ufficialmente.

Insomma, già da questa analisi molto cursoria la leggenda sulle perdite russe (e sulla sostanziale immortalità dei soldati ucraini) viene un po’ scossa. Ma facciamo finta di crederci, alla leggenda. Facciamo finta che davvero i russi abbiano avuto un milione di caduti, uomo più uomo meno. La domanda che dobbiamo veramente porci, per capire come va la guerra, non è però il numero assoluto: è il numero rapportato alle perdite ucraine.

Perché il quadro roseo dei pochissimi morti sta ricevendo orami da un po’ qualche scossone, ultimo quello che riporto in foto: è stato annunciato il riesame medico obbligatorio per chi in passato ha beneficiato di esenzioni per motivi di salute. E questo senza considerare le centinaia di video che mostrano persone soggette a mobilitazione forzata, caricate a forza nei camioncini e portate al distretto militare (segno anche che non tutti gli ucraini sono disposti a combattere fino alla morte contro la Russia: un’altra leggenda, quella dell’indomabile e generalizzata opposizione alla Russia, alla quale ci è stato chiesto di credere).

Se le perdite fossero così basse non vi sarebbe problema a rimpiazzarle con il normale processo di avvicendamento delle reclute, senza bisogno né di raccattare gente per strada (e contro la loro volontà) né di dovere rivedere i criteri di esenzione dal servizio militare. Evidentemente c’è un problema di organico.

Ma, torno a ripetere (e mi scuso se la domanda sembra infantilmente insistita): se le perdite sono così basse, da cosa deriva questo problema di organico? Forse, azzardo, dal fatto che non sono così basse? Perché a nessuno dei nostri giornalisti, disposti a perdere settimane e mesi di lavoro per realizzare ‟inchieste” sulle perdite russe, non è mai venuta la curiosità di fare lo stesso per quelle ucraine? Forse (azzardo nuovamente) perché non solo non sono così basse ma sono, al contrario, piuttosto alte?

E forse qualcuno dei sostenitori dell’invio di armi e munizioni, e sempre più armi e munizioni, messo di fronte al numero reale e, cosa ancora peggiore, alle proiezioni future, potrebbe essere colto da un ripensamento, e i ripensamenti spiacciono a chi imbastisce leggende. In sintesi, conteggiare solo i morti russi equivale a cercare di interpretare lo stato di salute di un’impresa contandone solo le spese.

Chiudo con alcune note ulteriori: il numero di uomini (solo uomini) che la Russia potrebbe mobilitare in caso di mobilitazione generale è intorno ai 20 milioni, di cui 5 già con qualche forma di addestramento militare. Lo stesso numero per l’Ucraina è intorno ai 7 milioni, ai quali vanno però sottratti gli emigrati all’estero. Se anche li si contasse tutti, il disavanzo resterebbe di 13 milioni di uomini a favore della Russia. Al momento al fronte, per i russi, ci vanno solo i volontari e non è stata fatta nessuna mobilitazione (se non quella parziale di 300.000 uomini nell’estate 2022): al contrario, la situazione per le truppe ucraine è ben diversa, con più mobilitazioni in serie. Se (sottolineo: se) il numero di caduti contato da Mediazona fosse corretto, avremmo 10 caduti russi per 7 ucraini.

La domanda da farsi, con buona pace della leggenda a cui ci viene chiesto di credere, non è quanto può resistere la Russia, è quanto può resistere l’Ucraina.


* Componente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio


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