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29 maggio 2025
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Chi conosce Michele Schirru?
di Rinaldo Battaglia *

QUALCUNO DI VOI CONOSCE MICHELE SCHIRRU? Come aveva ragione Miguel de Unamuno quando sentenziava che “il fascismo si cura leggendo, il razzismo si cura viaggiando”.

Oggi è il 29 maggio e il 29 maggio 1931 a Roma, a Forte Braschi, un anarchico antifascista veniva fucilato, dopo che era stato, processato e condannato a morte, per avere pensato di uccidere il Duce, Benito Mussolini. Sono cose che in Italia ancora oggi poco si conoscono perché conoscerle fa male a chi difende il regime ed esalta o ridimensiona il capo del fascismo.

Il condannato si chiamava Michele Schirru e, come si intuisce dal nome, era sardo. Nativo di Padria, in provincia di Sassari, era cresciuto a Pozzomaggiore, lì vicino, paese natale della madre. Giovanissimo per sfuggire alla miseria di quegli anni che più di altre zone colpiva la Sardegna, emigrò a Torino e qui aderì alle idee socialiste, allora in forte sviluppo.

Partecipò anche ad alcune proteste operaie già nel 1917, durante la guerra, per ottenere salari migliori e paghe meno da fame. Poi arrivò Caporetto e anche Michele, come la classe 1899 - i famosi ragazzi del ’99 – venne spedito al fronte. Fu inserito nel 5º Genio motoristi e vide, da vicino e per bene, gli orrori della guerra.

Tornato a casa dopo la vittoria del 4 novembre, aderì subito all'anarchismo ma, considerata la situazione economica e sociale del nostro paese, preferì emigrare già nel 1920 negli USA. Prima come meccanico e, poi, in proprio come ambulante e con un piccolo chiosco per la vendita delle banane. Qui prese la cittadinanza americana e divenne un attivista nel movimento anarchico. Erano gli anni delle lotte a sostegno di Sacco e Vanzetti, erano gli anni di forti violenze, nella comunità italiana emigrata in America, tra chi difendeva il fascismo di Mussolini e chi lo contrastava. Come se non si fosse lontano migliaia di chilometri, in terra di altri.

Michele, soprattutto, si mise in luce nelle proteste per la vicenda di Sacco & Vanzetti, due italiani arrestati, processati, condannati a morte e giustiziati sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927 nel penitenziario di Charlestown, presso Dedham. Erano stati accusati di omicidio di un contabile e di una guardia del calzaturificio Slater and Morrill di South Braintree. Mai tutto bene provato, anzi molti elementi erano a favore dei due, come la confessione del detenuto portoghese Celestino Madeiros, che li scagionava. Ma fu tutto inutile.

Michele Schirru, molto amareggiato se non sconvolto dall’esito di quella vicenda, decise così di ritornare in Italia. Dapprima si fermò Parigi, meta quasi obbligatoria allora dell’antifascismo e sede di molti esuli antifascisti e ricercati dagli uomini del Duce. Questi incontri e contatti non fecero che portare a Michele ad una precisa convinzione: il ‘male assoluto’ dell’Italia e causa delle sue disgrazie era proprio il Duce, il capo di un regime dittatoriale, liberticida, tirannico, in particolare dopo le leggi fascistissime del ’26. Per risolvere il problema bisognava ucciderlo. E ucciso il Duce il regime fascista, tutto basato su quella figura, sarebbe crollato come un bicchiere di cristallo per terra: distrutto in mille pezzi, senza più alcun valore, inutile, da destinare solo alla pattumiera.

Il 2 gennaio 1931 si avviò così verso l'Italia con l'intenzione di realizzare il piano solitario.

Giunse a Roma la sera di lunedì 12 gennaio, alloggiò in un piccolo hotel - all'albergo Royal – ma ideale per studiare e sfruttare gli itinerari abituali di Mussolini, che più volte al giorno transitava sulla strada adiacente. Per due settimane verificò, analizzò, studiò attentamente il percorso attraverso Villa Torlonia, Porta Pia, il Viminale, Via Nazionale e Piazza Venezia. Cercò più volte di incontrarlo personalmente e così di ucciderlo con un colpo di pistola. Ma mai lo vide e mai riuscì neanche a sfiorarlo. Neanche da lontano.

Molto deluso dal fallimento del suo piano, così semplice e così solitario, finì per sfogarsi con l’alcool e le belle donne di Roma. Tra queste una graziosa ballerina ungherese, Anna Lucovszky di 24 anni: Michele forse se ne innamorò e il sentimento gli sembrò che fosse veramente ricambiato. Ma la sensazione durò pochi giorni, neanche il tempo di finire i soldi.

La sera del 3 febbraio 1931 all’orario dell’appuntamento con la bella amata, all'Hotel Colonna, arrivò invece un maresciallo dei Carabinieri Reali. Portato con la forza in caserma, capì di esser stato tradito e in un attimo prese la sua pistola, che aveva tenuto nascosta e con cui avrebbe voluto uccidere il duce nelle settimane precedenti, e tentò il suicidio. Il proiettile trapassò entrambe le gote, lo sfigurò ma sopravvisse. In breve i gendarmi del regime, si vantarono dello sventato attentato, che poi questo fosse solo stato pensato, ma mai realizzato, ne provato, cosa voleva dire?

Il Tribunale Speciale Fascista, il 28 maggio 1931, sentenziò che «Chi attenta alla vita del Duce attenta alla grandezza dell'Italia, attenta all'umanità, perché il Duce appartiene all'umanità».

E Michele mai negò di essere antifascista, di essere contro qualsiasi regime illiberale e liberticida, sia fascista che comunista - erano gli anni di Stalin e delle sue purghe – di essere per la libertà individuale, dell’uomo libero in quanto ‘uomo’.

Aveva pensato di uccidere il Duce, meritava la morte ‘perché il Duce appartiene all'umanità’ quell’umanità che da quasi 10 anni in Italia il Duce sfruttava e disprezzava, quell’umanità che nei successivi 10 anni avrebbe distrutto e portato alla catastrofe.

Anche in punto di morte Michele Schirru e Benito Mussolini si distinsero. Il primo affrontò la sentenza dimostrando il massimo coraggio e consapevolezza davanti al plotone di esecuzione il giorno dopo, il 29 maggio (plotone di esecuzione composto quasi in toto da soldati ‘sardi’, piccolo dettaglio per scelta del regime, quasi in segno di disprezzo da parte della sua terra natale).

Il secondo fu ucciso dopo esser stato preso vigliaccamente vestito da tedesco, in fuga su un camion tra la truppa sconfitta di Hitler.

Il primo è morto per le sue idee, il secondo per i suoi crimini. Quindi, infine, al momento ‘clou’ chi dei due ebbe più dignità?

Come aveva ragione Miguel de Unamuno quando sentenziava che “il fascismo si cura leggendo il razzismo si cura viaggiando”. Per questo pochi conoscono il nome di Michele Schirru.

29 maggio 2025 – 94 anni dopo – Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Seconda Parte” - Amazon – 2024

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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