 |
Vittime di mafia: Simonetta
di
Pino Maniaci
Lei era Simonetta Lamberti. Una bimba di undici anni con tanti sogni e speranze. E un desiderio: andare al mare con suo padre.
Lui, il giudice Alfonso Lamberti, all'epoca era il procuratore capo di Sala Consilina e aveva l'agenda sempre piena di impegni. Quel giorno, però, era riuscito a staccare prima dal lavoro e andò subito a casa per fare una sorpresa a Simonetta.
Era il 29 maggio del 1982, una bellissima giornata di sole. Simonetta stava facendo i compiti nella sua casa di Cava de' Tirreni quando arrivò suo padre. Le disse di prepararsi e lei non se lo fece dire due volte: si precipitò nella sua cameretta per indossare il costumino giallo. E via verso la spiaggia di Vietri sul Mare. Sembra di vederli, mentre si tuffano in quelle acque limpide e giocano come non facevano da tempo. Finalmente insieme, finalmente felici.
Simonetta: undici anni e una vita davanti. Finita troppo presto, nel peggiore dei modi. Sulla via del ritorno, a pochi metri da Cava, la Bmw del procuratore venne affiancata da un altro veicolo dal quale furono esplosi numerosi colpi di arma da fuoco.
La camorra voleva uccidere il dottor Lamberti perché con le sue attività investigative aveva dato fastidio ai clan. Lui venne colpito in modo non grave, Simonetta, invece, venne raggiunta da un proiettile alla testa e morì poco dopo. Si era appisolata sul sedile posteriore, stanca dopo aver passato un intero pomeriggio a divertirsi in compagnia del suo papà. Non fece in tempo nemmeno a condividere la sua gioia con la madre che la aspettava a casa, coi libri di scuola ancora aperti sul tavolo.
Simonetta non si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato: era con suo padre, esattamente dove voleva essere. I sicari sapevano benissimo che c'era anche lei in quel veicolo ma non rinunciarono al loro piano: la assassinarono nel sonno, all'improvviso, solo perché figlia di un magistrato scomodo.
Il padre, rimasto illeso, dedicò il resto della sua carriera a cercare i responsabili dell'omicidio di sua figlia, per il quale poi venne condannato a trent'anni di reclusione Antonio Pignataro.
Questo delitto firmato dalla camorra è l'ulteriore prova che le mafie non guardano in faccia nessuno. E noi dobbiamo dirlo, raccontando le storie delle vittime, la loro quotidianità, i loro momenti di gioia. Non sono solo nomi e basta. Abbiamo il dovere morale di non dimenticarli.
 
Dossier
diritti
|
|