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29 maggio 2025
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Ambasciatore russo a Roma su politica italiana in Ucraina
traduz. di Marinella Mondaini

Risposte di Alexey Paramonov, Ambasciatore della Federazione Russa in Italia, alle domande del quotidiano “Izvestija”

Ambasciata della Federazione Russa in Italia • 26 maggio alle 11:52

Si osservano segnali di cambiamento nella politica attuata da Roma in relazione al conflitto ucraino da quando ha avuto inizio il processo negoziale?

Ciò che osserviamo è che le autorità italiane, sin dall’inizio della crisi ucraina e già dal colpo di Stato del 2014 hanno sempre “assecondato” i leader di Maidan. E dopo il febbraio del 2022, Roma è definitivamente scivolata in una posizione dalla quale esprime approvazione incondizionata nei confronti di tutte le azioni, persino di quelle più efferate, compiute dalla giunta nazionalista di Zelensky e dai suoi lacchè.

“Un sostegno a 360 gradi”, come ama definirlo la Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Giorgia Meloni. In tutto questo periodo, l’Italia ha già accolto in gran festa il malriuscito leader ucraino per ben sette volte, due delle quali in occasione del cambiamento avvenuto ai vertici del Vaticano. In tale contesto, sarebbe un grande evento anche solo scendere a un sostegno “a 359 gradi”. Ma ciò, ahimé, per il momento non accadrà.

È importante tenere in considerazione che per la politica estera di Roma la consuetudine è sempre stata quella di mantenere un particolare “allineamento” con Washington. Persino durante la presidenza di Joe Biden tale allineamento ha continuato a consolidarsi.

Adesso, con la nuova amministrazione Trump, esso ha finito per acquisire i tratti tipici di un vero e proprio legame familiare, in virtù della comune fedeltà ai valori condivisi dalle destre conservatrici. Ecco perché oggi gli italiani tengono attentamente traccia degli “stati d’animo” in seno alla leadership USA, la quale al momento attuale sta puntando a fornire servizi di mediazione nella risoluzione della crisi ucraina. Non volendo essere di disturbo ai loro partner d’oltreoceano, a Roma ritengono sia necessario astenersi temporaneamente dal mettere in atto mosse avventate.

L’Italia continuerà a fornire sostegno militare all’Ucraina?

Sì, e non ha mai smesso di farlo in tutto questo tempo. Sono stati approvati e inviati alle Forze armate ucraine dieci “pacchetti” di aiuti, per un importo totale di almeno 3 miliardi di euro. Si sta parlando della più vasta gamma di materiali ed equipaggiamento militare letale e non letale. Per ragioni di sicurezza nazionale, il contenuto effettivo di questi “pacchetti” è secretato.

Ecco che, anche adesso, la “macchina mortale” della burocrazia italiana continua a far girare i suoi ingranaggi: infatti sono stati avviati i lavori per un ulteriore “pacchetto” di sostegno, l’undicesimo, le cui specifiche sono state approvate a inizio maggio dal comitato parlamentare designato. I media sostengono che il pacchetto includerà 400 veicoli corazzati da trasporto truppe “M113” che, a quanto pare, vedremo ben presto bruciare in massa sulla linea del fronte, la quale sta inesorabilmente scivolando in direzione di Kiev.

A che cosa è dovuta la posizione della Premier Giorgia Meloni in merito all’inammissibilità dell’invio di truppe italiane in Ucraina?

Bisogna tenere in considerazione che in Italia la coscrizione generale obbligatoria è sospesa dal 2005. Le forze armate italiane contano in totale 165.500 militari, dei quali una parte significativa, che è peraltro quella maggiormente preparata ad affrontare operazioni di combattimento, è già impegnata all’estero in missioni militari bilaterali, europee e nell’ambito della NATO (7.500 militari; il contingente massimo autorizzato per legge a prendere parte a missioni all’estero è di 14.500 militari).

Oltre al fatto che non dispone di ulteriori contingenti da destinare all’Ucraina, Roma chiaramente non è soddisfatta del ruolo che verrebbe riservato ai militari italiani, che è quello di truppe “al seguito” della “coalizione dei volenterosi” promossa da Londra e Parigi.

Gli italiani non vorrebbero farsi carico con gli altri “volenterosi” delle responsabilità derivanti dalle possibili azioni di provocazione condotte sui territori interessati dall’Operazione Militare Speciale, poiché ciò comporterebbe il rischio di dover sostenere un confronto diretto con la Russia.

Infine, per quanto possano impegnarsi coloro che in Occidente, Italia compresa, tentano di falsificare la storia, nella Penisola è ancora viva la memoria della disfatta subita nella zona compresa tra Stalingrado, Voronež e Nikolaevka (tra l’altro, località non lontane dai territori attualmente interessati dall’Operazione Militare Speciale) dal Corpo di Spedizione Italiano, composto da 265.000 uomini, che fu inviato da Mussolini a combattere contro l’URSS a fianco del Terzo Reich nel 1942.

Evidentemente, tale “vaccino” storico continua ad avere efficacia e sta scoraggiando le attuali autorità italiane dal prendere parte a pericolose, azzardate imprese militari contro la Russia.


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