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Vita da cani
di
Giuseppe Franco Arguto
"Confessiamo una buona volta a noi stessi che, da quando l’umanità ha introdotto i diritti dell’uomo, si fa una vita da cani". (Karl Kraus)
Kraus fu uno scrittore, giornalista e polemista austriaco, una delle figure più taglienti e lucide dell’Europa mitteleuropea del primo Novecento.
In questa sua tagliente citazione, ripresa nell'immagine del post, squarta i veli dell'iper-ipocrisia che fa da cornice a tutte le manfrine retoriche intorno all' "Età dei Lumi".
Infatti, i trattati afferenti i diritti universali della persona, scaturiti da quell'epica di illuminati che aprirono varchi nell'immaginario collettivo, sono poi stati strumentalizzati dalla retorica del potere che l'Illuminismo non è stato in grado di debellare, nonostante le valide ed efficaci indicazioni che denunciavano lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo: il potere oligarchico si rigenera cambiando filtri ma nella prassi mantiene le sue logiche intese a realizzare sempre e comunque servilismo, anche oggi che impiega la Tecnica per uniformare le tendenze delle masse.
Kraus sarcasticamente denuncia la mancata realizzazione delle istituzioni repubblicane di concretizzare nella pratica una civiltà formata sul lògos come fondamento di ogni progresso; un fallimento che a tutt'oggi si palesa generando antinomie tra i principi etici teorici contenuti nelle Costituzioni europee ed i trattati sui diritti umani, e le politiche attuate dalle plutocrazie governative.
Le istituzioni statali si sono tanto premurate di appellarsi ai trattati liberali, quanto ad evitarne di applicarne i contenuti espliciti; in buona sostanza, i regimi plutocratici hanno utilizzato le teorie del diritto internazionale come orpello retorico, come ragione morale per le loro imprese immorali: guerre, imperialismi e colonialismi.
Perché immmorali? Perché il loro denominatore comune è lo sfruttamento.
Il diritto all’autodeterminazione, alla libertà, alla dignità, è divenuto un concetto svuotato di senso laddove coesiste con la povertà sistemica, la discriminazione sociale e l’oppressione di Stato.
Il pensiero libertario, in questo senso, non rigetta l’idea dei diritti, ma ne smaschera l’uso strumentale da parte del potere. Gli anarchici, da Bakunin a Malatesta, hanno sempre sostenuto che la vera libertà non si scrive in una carta, ma si vive nei rapporti umani, nel mutuo appoggio, nell’uguaglianza reale. I diritti, se non sono fondati su una trasformazione concreta dei rapporti sociali – economici, politici, simbolici – rimangono astrazioni decorative, facilmente violabili e di fatto negate.
La “vita da cani” evocata da Kraus è dunque l’esistenza alienata dell’uomo moderno, formalmente libero, ma sostanzialmente sottomesso: a un mercato che lo sfrutta, a uno Stato che lo controlla, a una società che lo isola. In questo, Kraus si avvicina a una lettura anarchica del fallimento della modernità, pur partendo da una posizione radicalmente individualista e provocatoria.
 
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