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Violenza: la normalizzazione inizia dalle scuole
di
Giuseppe Franco Arguto
Sono oltre dieci anni che rappresentanti delle forze armate circolano nelle scuole e università per attirare nelle truppe militari nuove carni da cannone; l'attrattiva proposta è "l'indipendenza economica servendo la patria".
Sì certo, l'indipendenza economica è garantita, come per tutti i dipendenti dello Stato, ma non viene detto loro che si sottoporranno a una disciplina rigorosa e a un controllo senza soluzione di continuità no solo sul servizio militare svolto, ma anche sulla qualità della vita privata, con una sensibile riduzione degli spazi espressivi in special modo negli anni proprio dello sviluppo della personalità.
Una sistematica e capillare propaganda mediante la quale, invece di educare alla pace aiutando gli studenti a comprendere profondamente le cause dei conflitti e, quindi, prevenirli, gli si impartiscono lezioni di guerra.
In questi giorni una scuola brianzola è stata individuata per ospitare la base logistica dei "giochi di guerra" cui parteciperanno nel prossimo fine settimana 41 pattuglie militari composte da quattro partecipanti ciascuna, provenienti anche da altri paesi europei.
Riflettiamo un attimo su questa attività promozionale a sfondo guerresco.
Si tratta, in definitiva, di una operazione di natura psicologica a lungo termine, che si prefigge non solo di arruolare giovani studenti, ma di agire sulle loro psiche per orientarli ad accettare gradualmente le politiche di riarmo che negli ultimi due anni sono andate incrementandosi, a discapito proprio dei fondi economici per la scuola e università (oltre che a svantaggio della sanità): chissà se hanno illustrato loro questo importante dettaglio e non si siano invece limitati, come da consuetudine, a ripetere all'infinito "si vis pacem, para bellum".
Pur ammettendo che una istituzione militare possa avere efficacia nel disciplinare la psiche di una qualsiasi persona, può senza dubbio significare che famiglie e scuola hanno fallito i loro precipui ruoli educativi e formativi, quanto meno non sono stati all'altezza dei rispettivi ruoli e compiti di indirizzo civico.
Ogni persona deve scegliere la disciplina di studio che più ritiene consona alle proprie attitudini, se è consapevole che quella calata dall'alto di una gerarchia, soprattutto militare, non ammette un pensiero divergente, stante il fatto che vige l'uniformità e non solo delle divise..
Ma si sa che i vertici delle gerarchie, anche in democrazia, preferiscono impartire forme mentali con cui ottenere individui seriali.
A prescindere dalle tendenze ideologiche di coloro che tifano per reinserire il servizio militare di leva obbligatorio, costoro dovrebbero interrogarsi sulle ragioni per le quali fu a suo tempo abolito. Sono sufficienti quelle ragioni per non rimettere mano all'obbligo della ferma militare.
 
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