 |
Il peggior crimine di guerra dell'Italia
di
Rinaldo Battaglia *
Il monastero di Debrà Libanòs era stato fondato nel tredicesimo secolo. Comprendeva due chiese e poi c'erano tutta una serie di tucul dove abitavano monaci, preti e suore.
Il generale Pietro Maletti – spedito in Etiopia dal Duce con ordini precisi - ci mise quasi due settimane ad arrivare fino al monastero, perché lungo il percorso (secondo i verbali da lui stesso redatti con dovizia di particolari), incendiò 115.422 tucul, tre chiese, un convento, e uccise in tutto 2.523 persone. La gente scappava al suo arrivo, chi poteva si nascondeva, i preti si spogliavano degli abiti talari per mischiarsi con la popolazione. Già, perché l’obiettivo principale di questa spedizione punitiva era proprio il clero cristiano-copto, accusato di essere in combutta con la resistenza etiope.
Eppure eravamo negli anni del ‘Dio, Patria & Famiglia’, vero? Da vergognarsi ora solo a pensarlo.
Maletti arrivò a Debrà Libanòs il 19 maggio 1937, e la sera stessa ricevette un telegramma dal gen. Rodolfo Graziani che gli ordinava di passare per le armi tutti i monaci indistintamente, compreso il vice-priore. Secondo Graziani, tutta la comunità monastica aveva coperto gli autori del fallito attentato del febbraio precedente, che già aveva scatenato la follia omicida e brutale dell’esercito italiano ad Addis Abeba, noto (per chi lo conosce) come Yekatit 12. Ma la sete di sangue di Graziani non si era placata con quei massacri, e ora voleva vendicarsi anche sui preti.
Eppure nel massacro di Yekatit 12 del 19/21 febbraio 1937 si erano uccisi 6/8 mila etiopi, forse di più. Qualcuno forse esagerando, come lo storico inglese Ian Campbell, arrivò a parlare di 30 mila morti. E tra questi molte migliaia di poveri bambini, perché dove non arrivava l’iprite (vietatissima) arrivano le brigate nere del segretario federale fascista Guido Cortese o i carabinieri reali lì mandati dal Duce. Crimini su crimini, da criminale a criminale. Nessuno escluso.
Il gen. Maletti subito, ma soprattutto il giorno 20 maggio, circondò il monastero, prelevò tutti i monaci e con un camion li trasferì in un luogo isolato. Gli ordini erano di non lasciare prove, vigliaccamente non avere testimoni. Classico stile fascista. A quel punto i monaci furono trascinati giù dal camion, fatti sedere lungo l’argine di un fiume in secca, ricoperti con un ampio telone, stretto sulle loro teste come un enorme cappuccio collettivo, e poi iniziarono alla precisa, scientifica fucilazione di tutti i monaci. Quando avevano finito con un gruppo, toglievano il telone dai cadaveri, e lo mettevano su un altro gruppo di monaci. Andando avanti così per tutta la mattina.
Alle 15.30 del 21 maggio era tutto finito: 297 monaci e 23 laici uccisi. Furono risparmiati i diaconi e altri giovani, momentaneamente reclusi sotto il controllo dell’esercito italiano. Ma dopo pochi giorni Graziani ci ripensò, e ordino la “liquidazione completa” di tutta la comunità del convento. Forse (non accertato o provato) intervenne qualcuno da Piazzale Venezia?
E il gen. Maletti, con zelo ed entusiasmo, di nuovo eseguì: 129 giovani diaconi furono fucilati e buttati nelle fosse comuni.
Per molto tempo si è ritenuto che il bilancio del massacro di Debrà Libanòs fosse di 449 vittime. Ma studi successivi hanno dimostrato che in quei giorni la furia fascista non si limitò al convento, ma furono uccise molte più persone tra civili, studenti, insegnanti di teologia e monaci e sacerdoti di altri monasteri, per un totale che si aggira tra i 1.400 e i 2.000 morti.
Se si esclude lo Yekatit 12, questo sarà il più grave crimine italiano in tempo di guerra. Italiano e fascista.
Il gen. Graziani non smentì mai il suo ruolo in questo massacro, né cercò in qualche modo di giustificarsi, ma al contrario ne andava orgoglioso come scrisse in un suo memoriale:
“Non è millanteria la mia quella di rivendicare la completa responsabilità della tremenda lezione data al clero intero dell’Etiopia con la chiusura del convento di Debrà Libanòs, che da tutti era ritenuto invulnerabile, e le misure di giustizia sommaria applicate sulla totalità dei monaci, a seguito delle risultanze emerse a loro carico. Ma è semmai titolo di giusto orgoglio per me aver avuto la forza d’animo di applicare un provvedimento che fece tremare le viscere di tutto il clero, dall’Abuna all’ultimo prete o monaco, che da quel momento capirono la necessità di desistere dal loro atteggiamento di ostilità a nostro riguardo, se non volevano essere radicalmente distrutti”.
Il fascismo italiano ha fatto anche questo. Il fascismo italiano fu un crimine.
Oggi c’è in Italia un gran parlare di Patria e di patriottismo, di vie e piazze dedicate a fior fiore di fascisti come dalle mie parti Giorgio Almirante – il megafono razzista del Duce - di slogan elettorali anomali (‘da Giorgio a Giorgia’ ad esempio) però pochi conoscono anche queste pagine nere del nostro paese, della nostra Storia. E la cosa non ci fa onore. In Germania i crimini nazisti sono conosciuti e fanno scuola in merito, in modo che mai debbano succedere ancora le atrocità passate.
Un anno fa , proprio in questi giorni di maggio, dagli altoparlanti di un treno espresso della linea Bregenz-Vienna in Austria qualche nostalgico ha fatto trasmettere un estratto dei discorsi del Fuhrer, con grida di ‘Heil Hitler’ e ‘Sieg Heil’. Subito l’azienda ferroviaria Obb, anche tramite il principale giornale Der Standard, ha preso nettamente le distanze, accusando due persone già subito forse individuate che erano riuscite ad accedere con una chiave a una delle stazioni di interfono nelle carrozze e a mettere vicino al microfono un cellulare che trasmetteva la registrazione. La vicenda ha fatto in Austria molto clamore, come è giusto che sia.
Mi chiedo da italiano, da noi per il Duce sarebbe stato differente? Avrebbero mandato la Digos?
Sapete già la risposta e sarebbe un’altra pagina di vergogna.
Un giorno Desmond Tutu, premio Nobel per la pace nel 1984, parlando del destino della sua Africa disse due parole in croce che ci toccano da vicino.
“Durante il corso della storia, l'Europa è stata protagonista di così tanti massacri e orrori che dovrebbe chinare la testa per la vergogna.”
E noi in quell’Europa ci eravamo. Eccome.
E per finire una domanda da studioso di Storia, da italiano e soprattutto da uomo: ma come hanno potuto dedicare – con fondi pubblici (160 mila euro) - un mausoleo al gen. Rodolfo Graziani ad Affile (Roma) nell’estate 2012? Oggi quelli sono in gran parte al governo del Paese. Basterebbe guardare le foto del 12 agosto 2012, il giorno della sua inaugurazione, festosi ed orgogliosi.
Cercate pure la matrice, cercate pure…. e, se potete, aprite assieme un libro di Storia. ‘L’Armadio della vergogna’ è sempre dal 1994 disponibile per chi vuole conoscere. E quando il prossimo 10 febbraio ricordiamo i ‘crimini subìti’ nelle foibe slave, parliamo anche dei ‘crimini commessi’ in Africa Orientale nei massacri fascisti, solo pochi anni prima, quando il nome di Mussolini faceva rima con le parole ‘criminali’ e ‘assassini’. O questi morti valgono meno?
Domande aperte, ovviamente, per menti non chiuse. Merce rara, ultimamente. Da vergognarsi ancora di essere italiani.
19 maggio 2025 – 88 anni dopo dopo – Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Seconda Parte” - Amazon – 2024
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
Dossier
diritti
|
|