Salone del libro: crisi economica e culturale
di Cristiano Bordin

Da libraio una domanda me la faccio: ma al Salone del Libro di Torino quanto e come si parla della situazione delle vendite di libri nel nostro paese, della chiusura di tante librerie, della precarizzazione di chi lavora in questo settore?

Penso poco, e probabilmente solo tra addetti ai lavori.

All'inaugurazione dell'altro giorno è intervenuto il ministro Giuli: ha subito promesso più soldi al Salone, un milione in due anni, dichiarando solennemente: " Ogni libreria che chiude così come ogni sala cinematografica è un fallimento morale e materiale". Amen.

Ha poi proseguito con la prosa barocca che lo contraddistingue: "Di fronte alla comunità intellettuale che anima il Salone del Libro, ogni parola ha un peso specifico, perfino il silenzio. Sono qui per ascoltare un universo di senso, animato da persone motivate".

L'universo di senso di cui parla il ministro è in crisi da anni ed i numeri del 2024 non inducono all'ottimismo: il mercato del libro è diminuito dell'1,5%, il calo della vendita di libri di varia- romanzi, saggi, manualistica esclusa- è andato anche peggio registrando un meno 2,3%.

In Europa la Germania fa quasi un più 1%, Francia e Gran Bretagna calano ma meno di noi, l'unico paese a crescere nel numero di vendite è la Spagna.

E se guardiamo- sempre secondo i dati della associazione librai italiani- alle chiusure, dal 2016 hanno cessato la loro attività più di duemila librerie.

Cifre e situazione generale oscurate dalle star di turno del Salone, dalle polemiche di giornata, dall'inerzia e dalla totale mancanza di idee della politica.

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