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13 maggio 2025
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Governo: chi tace e chi straparla
di Elisa Fontana *

Tempi davvero meravigliosi i nostri. Tempi splendidi in cui un ministro della Difesa apostrofa amichevolmente chi cantava Faccetta Nera l’altro giorno a Biella al raduno degli alpini come “quattro o cinque perditempo”.

Paese meraviglioso in cui quei medesimi alpini, che non erano affatto quattro o cinque, cantavano felici Faccetta nera, immemori della loro stessa tragica storia, immemori di quella disastrosa ritirata dalla Russia che li decimò. Russia in cui erano stati mandati patriotticamente con le scarpe di cartone in mezzo alla neve e in cui molti di loro furono aiutati a non morire assiderati dai contadini russi.

Furono 100 mila i morti in quella ritirata disastrosa, ma a Biella cantavano felici, segno evidente di un Paese dove tragedia e farsa sono inestricabilmente intrecciate.

Un Paese felice dove la seconda carica dello Stato incita senza alcuna vergogna a disertare le urne al prossimo referendum, non contento di aver stretto la tv di stato ad un silenzio tombale anche solo a ricordare che l’8 e il 9 giugno si va a votare. Dopo aver stabilito che si voterà il giorno dei ballottaggi nelle amministrative, quando statisticamente e storicamente l’affluenza crolla.

Non si sa più cosa mettere in campo per sabotare i referendum e mantenere il popolo nell’ignoranza. Rimane un solo ulteriore passo: impedire la consultazione popolare, ma è solo una decisione rimandata, nell’ottica della mitridatizzazione di questo governo: togli un po’ d’aria democratica ogni giorno, un po’ oggi, un po’ domani, disinnesca ogni avvenimento antidemocratico e fascista (“una banda di anziani musicisti in pensione”, “quattro o cinque perditempo” e via minimizzando), nella indifferenza generale e nella colpevole sottovalutazione politica.

Uno splendido Paese il nostro in cui un sindacato strutturato e ben presente sul territorio e nella politica nazionale come è la CISL dichiara che ai prossimi referendum si asterrà. Referendum sui temi del lavoro e di una maggiore tutela dei lavoratori, cioè la ragione sociale di qualunque sindacato degno di questo nome, ma loro si asterranno. Oltretutto sono già in grande sinergia con questo governo con cui hanno firmato un patto, mandando a monte l’unità sindacale, come fecero già con Berlusconi. Meravigliosi.

Paese meraviglioso questo dove un ministro della cultura, passato alla storia fino ad ora per aver organizzato e ascoltato silente e sorridente un dibattito da angiporto fra Sgarbi e Morgan quando era direttore del Maxxi, bacchetta i comici che si sono permessi di far battute su di lui, dichiara che Elio Germano che lo ha criticato per la sua totale inerzia sui problemi del cinema “ciancia” e che Tomaso Montanari è un “odiatore seriale” a cui è giusto togliere la direzione del Museo Ginori per darla ad un politico di FDI.

Una domanda: se Elio Germano ciancia, come dovremmo definire i discorsi che il ministro ci ammannisce ad ogni occasione ufficiale e di cui si capisce solo l’intima soddisfazione del ministro medesimo nell’ascoltare il suono della propria voce?

In tutto questo ciarlare ininterrotto spicca l’usuale silenzio tombale della nostra meravigliosa presidenterrima. Su cosa? Ma su tutto, direi. Tace su Gaza, come se non esistesse, ha evitato di andare a Kiev perché non sapeva la posizione di Trump e avrebbe potuto irritarlo.

Tace, insomma. Anzi sbuffa, come ha fatto ieri nell’incontro con il premier greco, stanca delle lungaggini del protocollo, giacca a doppiopetto come al solito slacciata, ha lanciato uno sbuffo come per dire “Ahò, ma quanno finimo che c’ho daffare?”. Sipario.

Doverosa precisazione: ciascuno può ritenere liberamente di non essere d’accordo con i 5 referendum. E, dunque, può liberissimamente andare a votare e votare NO. Tutta questa campagna per disinnescare anche i referendum incitando le persone a starsene a casa ha una sola definizione: paura.

Timor panico, direbbe Giuli.

* Coordinatrice Comissione POlitica e Questione morale dell'Osservatorio


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