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I papi fanno il loro mestiere, i media no
di
Elisa Fontana
L’elezione di papa Leone è stata accolta con un giubilo generale che ha rasentato perfino l’isteria, in una corsa a magnificare le gesta, il pensiero, l’azione di un prelato che, come papa, è assolutamente e ovviamente un oggetto misterioso.
Ma i nostri provincialissimi giornalisti, commentatori e vaticanisti vari si sono tuffati a pesce, magnificandone il tweet contro le cretinaggini teologiche di Vance e vedendone già un fiero anti trumpista, complice quella foto irridente del megalomane statunitense vestito da papa. E ieri c’è stato un deliquio generale per l’appello alla pace in Ucraina e Gaza fatto durante l’Angelus. Come se un papa potesse mai ragionevolmente incitare alla guerra e al genocidio, per cui le sue parole di pace acquisterebbero un valore rivoluzionario.
Temo che, come al solito, si stia tentando di riempire un vuoto di idee, di concetti, di analisi con una girandola di luoghi comuni, ricerche di antenati italiani, interviste ai fratelli e tutto quello che una volta veniva chiamato “colore” e che serviva a rendere sontuosi articoli ed analisi piuttosto striminziti e poveri di fatti concreti.
Per gli eventuali analfabeti funzionali di passaggio, sottolineo che questo non è un pezzo contro il papa, ma contro la sempre maggiore inconsistenza del nostro circo mediatico, che pian piano sta perdendo per strada l’aggettivo mediatico.
Nessuno, in mezzo a tutta questa girandola di ingestibile inconsistenza, si è soffermato ad ascoltare quel che ha detto in queste sue prime apparizioni, al di là degli ovvi richiami alla pace. Ecco, nella prima omelia recitata durante la messa con i cardinali nella Cappella Sistina ha detto una cosa che mi ha lasciata profondamente perplessa e che vi riporto: «La mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco».
Beh, l’ho trovata una frase di totale chiusura mentale nei confronti del prossimo, di inaccettabile superiorità di chi crede nei confronti di chi non crede, di voluta ignoranza storica di tante figure di non credenti che sono stati un balsamo per l’umanità sofferente. E, di converso, piena di indifferenza verso quanti si dichiarano cattolici per convenienza, sia essa politica, o di carriera o di qualunque tipo. E’ un giudizio ingeneroso, superficiale e dogmatico che non fa giustizia di quella misericordia e carità di cuore che dovrebbe essere tratto distintivo di qualunque cattolico.
E a queste parole del nuovo papa giova ricordare quelle di papa Francesco in uno dei suoi viaggi pastorali: “i credenti si aprono con sempre maggiore serenità alla possibilità di vivere la propria fede senza imporla, viverla come lievito nella pasta del mondo e degli ambienti in cui si trovano; e i non credenti o quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa non sono estranei alla ricerca della verità, della giustizia e della solidarietà, e spesso, pur non appartenendo ad alcuna religione, portano nel cuore una sete più grande, una domanda di senso che li conduce a interrogare il mistero della vita e a cercare valori fondamentali per il bene comune”.
Questo non è un gioco del tipo “trova le differenze”, o un giudizio apodittico e definitivo su papa Leone, ma solo un monito a prendere con le pinze le tante sciocchezze che stiamo ascoltando in questi giorni, basate su mere suggestioni personali o narrazioni di comodo. Nel frattempo, non me la prenderò nemmeno per quel saluto lanciato ieri dal papa all’Angelus ai “partecipanti alla manifestazione “Scegliamo la vita”, quelli che misericordiosamente ricattano il governo per impugnare la legge sul fine vita della regione Toscana.
Non me la prendo e non mi aspetto niente di diverso, perché il papa fa il suo mestiere, cosa che non si può dire della nostra politica e della nostra stampa. Cerchiamo almeno noi di rimanere razionali, che di pezzi di “colore” e di notizie addomesticate fra cui farci largo ne abbiamo già piene le giornate.
 
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