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Alpini veri e alpini falsi
di
Rinaldo Battaglia *
“Nessuno te l'ha detto, ragazzo di campagna.
Ma così tu sei entrato.
Fucilato per la libertà nei boschi di Càlvari
dove era nato pochi anni prima”.”
E' lo stralcio di una poesia che Elena Bono pubblicò in “Alzati Orfeo” nel 1958 e in "Piccola Italia" nel 1981. Una poesia poco nota o, almeno, non quanto meriterebbe e parla di un cucciolo d’uomo che venne fucilato, proprio nei boschi da Càlvari, nell’entroterra genovese il 2 marzo 1945.
Aveva quel giorno 16 anni e mai arrivò a quel 11 giugno quando avrebbe compiuto ben 17 anni di vita. Eppure aveva imparato, in quel brevissimo arco di tempo, il valore della solidarietà e della libertà. Lo scrisse quella notte prima di morire anche in una brevissima lettera ai genitori: 'muoio per la salvezza dell’Italia'.
E ad ammazzarlo furono altri italiani, i fascisti della Monterosa, o meglio gli alpini della 4ª Divisione alpina "Monterosa" ai tempi del comandante Mario Carloni.
Quel ragazzo di nome faceva Rinaldo Simonetti, ma per tutti era conosciuto come ‘Cucciolo’ . Fu naturale per i partigiani liguri assegnarli quel nome: era piccolo di statura, minuto nel fisico, e poi soprattutto giovanissimo. Era nato povero, da povera famiglia di contadini ma molto ricchi in termini di valori, ben oltre quella degli alpini della Monterosa, fedeli al Duce anche dopo l’8 settembre 1943 (il 16 luglio 1944 Mussolini stesso consegnò loro la bandiera a Münsingen, dopo che per ben 6 mesi erano stati addestrati in Germania dalla Wehrmacht e da ufficiali delle S.S.) e perfettamente coerenti col credo di Salò del 17 novembre 1943: fascisti, razzisti, antisemiti. Saranno in 20.000 uomini, di cui oltre 4.000 provenienti dal Regio Esercito e per oltre un anno si macchieranno di crimini da soli o assieme ai nazisti.
Nell’inverno ’44 nella Garfagnana, a Cogna, gli alpini della Monterosa si distinsero per la criminalità nelle rappresaglie contro giovani e civili. Basterebbe conoscere il destino di Adriano Tardelli, detto «il Baionetta», catturato mentre cercava di portare oltre frontiera (verso sud) ebrei ricercati dagli uomini del generale Carloni, con obiettivo di spedirli nei lager di sterminio.
Poi buona parte della della 4ª Divisione alpina "Monterosa", già nel gennaio 1945, venne spedita sulle Alpi occidentali, Liguria e Piemonte, per contrastare l'avanzata statunitense e francese e anche qui si macchiò di molto sangue le mani . Senza remore, senza pietà, mettendo in pratica quando imparato in Germania nei 6 mesi di addestramento.
Ancora oggi io - che provengo da famiglie che hanno avuto sofferenze e lutti combattendo nella Julia, sia prima dell’8 settembre e poi come IMI nei lager del Terzo Reich – mi domando cosa ci sia in comune tra gli alpini della Monterosa e quelli della Julia, della Tridentina, della Cuneense. Me lo domando soprattutto dal 27 maggio 2001, quando l'ANA (Ass. Nazionale Alpini), per motivi prettamente politici, ha parificato le loro storie, purificando quel passato così fascista, razzista, antisemita della Monterosa.
Mi è stato detto perché anche loro «dal 1943 al 1945, hanno adempiuto il comune dovere verso la patria (e così) siano considerati Alpini d'Italia». Sarò personalmente duro di comprendonio ma non ho ancora capito di che ‘patria’ si parlasse, visto che erano stati formati in Germania, addestrati in Germania, combattevano per la Germania di Hitler. Ma sarà uno dei miei tanti limiti.
E, non a caso, combattevano e uccisero anche il piccolo Cucciolo, che sin dall‘8 settembre ’43 fu attirato dalle prime azioni partigiane. Voleva diventare anche lui partigiano, voleva “entrare in distaccamento” come si diceva allora.
Fece di tutto per farlo e dopo mille altrui resistenze venne accolto solo come “addetto ai muli”. Era genovese, terra in cui tra i partigiani spiccava la figura di Aldo Gastaldi, per tutto ‘Bisagno’ – come il torrente che porta acqua sana alla città – e così entrò nel gruppo delle sue brigate Garibaldi. Peraltro, sebbene i partigiani ‘garibaldini’ solitamente vengano identificati come comunisti, Aldo Gastaldi invece risultava cattolico e molto legato al mondo della Chiesa. Non è un caso che, il 31 maggio 2019, il cardinale Angelo Bagnasco abbia avviato la causa di beatificazione e canonizzazione sulla sua figura.
Cucciolo si sentì così realizzato ed è impossibile oggi sapere quanti chilometri percorse da una valle all'altra dell'Appennino, sempre in fuga, sempre sotto pericolo, con gli altri partigiani. Ma una sera d'inverno una pattuglia, e tra questi Cucciolo, venne presa alla sprovvista dagli alpini della "Monterosa".
Si racconta che venne chiesto al ragazzo cosa ci facesse a quell’età – dimostrava veramente ben meno dei suoi 16 anni - e che ebbero per risposta solo due parole, ma chiare ed esaustive: "il partigiano".
E questo portò alcuni della Monterosa a picchiarlo selvaggiamente. Del resto quella era la scuola, quella era la ‘formazione’, ricevuta.
Data l’età gli dissero che l'avrebbero comunque perdonato – anche i fascisti avevano un cuore - a differenza degli altri partigiani, una decina di ragazzi e uomini. Ma il piccolo ‘Cucciolo’ non volle accettare quella decisione e lo gridò forte: "Anche io sono partigiano come loro, insieme a loro dovete portarmi".
E così fecero. Gli alpini della Monterosa presero i partigiani e li portarono nel bosco della Fregaia, nella valle di Fontanabuona, sopra Calvari per fucilarli. E per Cucciolo deve essere stata una sofferenza ancora maggiore, perché da quel luogo poteva vedere – tra i rami secchi e senza foglie dell’inverno – la sua casa in lontananza. Ma non cambiò idea: volle avere un pezzo di carta per poter scrivere due righe ai genitori. Un alpino strappò dal suo taccuino un foglio.
Il ragazzo disegnò in alto, sull'angolo della paginetta, una listerella nera, come fosse un biglietto di lutto, come fosse un’epigrafe. E poi, tra le poche parole, quel: "Muoio per la salvezza dell'Italia". Consegnò Il foglietto al cappellano della Monterosa, si mise in fila con gli altri e morì assieme a loro.
Fucilato per la libertà nei boschi di Càlvari dagli alpini della Monterosa, cresciuti nella scuola del Fuhrer e del Duce, con concetti diversi di libertà, democrazia, dignità umana.
Si possono parificare e purificare finché si vuole per motivi politici gli alpini (in minuscolo) della Monterosa, ma per me non saranno mai come i veri Alpini (in maiuscolo) della Julia, perché quel giorno di 80 anni fa uccisero un ragazzo che sacrificò la propria gioventù per ideali opposti a loro. Per me erano e restano dei ‘falsi alpini’, Cucciolo, invece, un vero uomo.
11 maggio 2025 – 80 anni dopo – offeso per i canti di "Faccetta neri' degli alpini di ieri al raduno nazionale di Biella (alpini in minuscolo ..è non è un errore)
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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