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"Non andate a votare"
di
Francesco P. Esposito *
L’hanno detto pure coi sorrisi finti e la voce pettinata.
Presidente del Senato in prima fila, con la bocca piena di “libertà” e le mani mai sporche di turni, fango o tagli in busta paga.
Ma che diamine ne sapete voi di lavoro?
Avete mai steso l’asfalto a luglio?
Vi siete mai bruciati la schiena su un’impalcatura a norma solo sulla carta?
Avete mai visto un collega tumbrare giù da un ponteggio per colpa di un subappalto fatto al ribasso?
No. Però dite di non andare.
Di lasciar perdere.
Che “non serve”.
Che “tanto non cambia”.
E intanto:
– Non c’è salario minimo.
– Non c’è reintegro se ti silurano anche quando hai ragione.
– I subappalti girano come sbrilli tra imprese fantasma e caporali di città.
– Le morti sul lavoro si contano come i respiri: una ogni otto ore.
E tu, operaio, impiegato, rider, educatore sottopagato, che ti sei scarnito fino all’anima,
stai ancora a sentire questi qui solo perché ti fanno credere che siete dalla stessa parte?
Ma dai… Ti stanno bronzando in faccia.
Ti prendono in giro con la retorica mentre ti scippano i diritti col sorriso di chi ha il le spalle parate.
Non ti stanno difendendo.
Ti stanno zittendo.
Perché un lavoratore che vota, che capisce, che si sbutra se serve, è uno che non lo freghi più.
E allora se ci tieni, vai.
Non perché lo dice un partito.
Ma perché è roba tua.
* Criminologo forense, componente del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio
 
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