 |
Il campione di Mauthausen
di
Rinaldo Battaglia *
Domenica 6 maggio 1945 - il giorno dopo che le avanguardie della 3ª Armata americana del generale Patton entrando dalla Porta mongola, liberarono i deportati di Mauthausen e dei suoi 51 sottocampi - per ordine di Ike Dwight David Eisenhower arrivarono nel lager una serie di fotografi.
Dovevano fissare nei loro scatti le orribili atrocità che avevano visto, per farne memoria e per meglio descrivere quell’inferno, perchè le parole non sarebbero stato in grado di farlo. Nei vocabolari di qualsiasi lingua quei termini mancavano o risultavano insufficienti.
Eppure era solo l’ultimo dei grandi lager liberati. Il 12 aprile erano arrivati a Buchenwald e sembrava che lì si avesse toccato il fondo. Ma ora agli occhi dei ‘liberatori’, Mauthausen doveva sembrare ancora peggiore, con i suoi 186 gradini della ‘scala della morte’ e il suo ‘muro dei paracadutisti’.
Furono molte le foto scattate sui deportati.
Tra loro non risulterebbe invece fotografato un ragazzo di allora 20 anni (era nato il 8 giugno 1924) sebbene presente, anche se più morto che vivo. Erano uno dei 16.000 che ancora respiravano tra le cataste dei morti e sarà uno che si salverà, a differenza degli oltre 3000 deportati che, sebbene liberati il 5 maggio e nonostante le cure, poco dopo periranno ugualmente.
Quel ragazzo sarà un grande ciclista professionista, un altro eroe dello sport che merita i massimi onori, per come vinse le sue gare, in quel periodo di guerra e di eroi nascosti.
Certo: non siamo sportivamente sui livelli di Gino Bartali, anch’egli eroe nella lotta contro il fascismo e le sue infami leggi razziali e da anni, finalmente, conosciuto nel suo valore umano per quanto fatto tra il ’44 e il ’45.
Il ragazzo di Mauthausen di nome faceva Ennio Giuseppe Odino e dall’inverno ’43 era stato partigiano come “Crick”.
La sua vita sarebbe una bella sceneggiatura per un film sul secolo scorso e per spiegare ai nostri figli cos’è stato il fascismo, ora che troppi megafoni amano raccontare e insegnare storie diverse. Ora che qualcuno dice che il 30% degli italiani 'non è antifascista'.
Il padre Agostino era un fervente antifascista negli anni della marcia su Roma. Minacciato, picchiato, fu come tanti costretto a fuggire all’estero. Conoscerà suo figlio solo nel 1928, quando Ennio aveva già 4 anni.
Dopo l’8 settembre, anche Ennio decise di rifiutare i bandi fascisti di Graziani e scappò coi suoi 18/19 anni in montagna, tra la sua Liguria e il Piemonte. Solo pochi mesi dopo, a inizio aprile ‘44, reparti repubblichini fascisti iniziarono una profonda azione di rastrellamento nel Tobbio, sui colli d’Alessandria.
Il giorno 7 aprile vi furono forti scontri tra partigiani e fascisti, ben più numerosi e armati. I partigiani, molto giovani e quasi tutti alle prime armi, subirono gravi perdite. Chi si salvò si nascose verso il monastero della Benedicta. Fu un macello. 4 morti tra i fascisti, 72 tra i partigiani. Alla fine, finite le munizioni, anche i sopravvissuti si arresero. Erano 75. Vennero tutti messi in fila e fucilati dalla GNR e in particolare dai Granatieri repubblicani di Bolzaneto di Genova, comandati peraltro da un ufficiale tedesco. La solita sinergia, che molti ancora oggi negano quando li differenziano. Erano della stessa pasta, stesso laboratorio, ma con capi diversi, chi seguaci del Fuhrer, chi del Duce. Passò alla storia come la “strage della Benedicta”.
Altri 351 subito rastrellati finiranno nei lager nazisti e solo 211 torneranno a casa vivi. Altri finiranno fucilati il 19 maggio sul passo del Turchino assieme ad altri 42 prigionieri, per rappresaglia contro la morte di alcuni soldati tedeschi nel cinema Odeon di Genova.
Tra i 75 fucilati della Benedicta v’era anche il giovane Ennio, o meglio Crick. Solo che, sebbene ferito, venne coperto dal corpo degli altri e riuscì a salvarsi miracolosamente. Unico. Il miracolo durò pochi giorni. Venne ripreso da altri fascisti e senza tante spiegazioni spedito col primo treno per Mauthausen. Qui si dette da fare e cercò di organizzare ancora sabotaggi e la fuga. Arrivarono prima però gli Alleati e furono liberati in quel 5 maggio ‘45.
A guerra finita, riprese la passione che la guerra aveva solo smorzato: la bicicletta. Corse molto bene, aveva talento, forse voglia di rivincita; si fece notare da Fausto Coppi, con cui partecipò a varie gare internazionali come la Milano-Sanremo del 1952.
Seguirà, anni dopo, il mondo dello sport e della politica anche dal Belgio, diventando uno dei primi funzionari della CEE, la vecchia UE. Restò sempre molto legato alle varie associazioni di partigiani, ex internati o reduci e combattenti.
Morì il 13 dicembre 2014 a Bruxelles ma prima mandò alle stampe le sue memorie, il cui titolo era già un programma: ‘La mia corsa a tappe - n. 63783 a Mauthausen’. Il numero della sua maglia in quel giro dell’inferno. Meno piacevole dei Giri d’Italia di Gino Bartali o di Fausto Coppi. Ma sempre storia vissuta in campi di concentramento, dov’era finito perché antifascista convinto.
Un sopravvissuto anonimo di Mauthausen, allora molto anziano e malato, un giorno spiegò ai suoi figli e nipoti – molto preoccupati per le sue condizioni di salute – perché non dovevano piangere e li tranquillizzò con forza:
«Chi è sopravvissuto a quel lager non muore più!».
Ennio Giuseppe Odino, “Crick”, visse fino agli ultimi giorni facendo memoria, affinché le generazioni future non rivivessero quelle terribili esperienze di morte.
Anche se in Italia, stando a certi sondaggi e/o dichiarazioni di politici, il 30% non sappia cos'è stato il nostro passato.
Ma Ennio spese le ultime sue risorse per insegnarci la ‘verità’ storica, quella che venne immolata nelle fotografie, come richiesto da Ike Eisenhower forse sapendo che decenni dopo ci sarebbero state altre narrazioni, elettoralmente più comode e storicamente più false. Soprattutto in questi anni 'difficili'.
"Oggi il fascismo è un atteggiamento strisciante, la mentalità di chi vive secondo la legge del più forte. Avremmo dovuto imparare a vivere secondo coscienza".
Sono parole di Laura Doglione, che bene si addicono ai nostri tempi, dopo che i vari eroi come Ennio Giuseppe Odino, o meglio “Crick”, ci hanno lasciato. Anche se chi è 'sopravvissuto a quel lager non dovrebbe mai morire''. Non dovrebbe mai morire nella memoria di chi resta.
Grazie campione.
6 maggio 2025 – 80 anni dopo – liberamente tratto dal mio 'La colpa di esser minoranza' - Ed AliRibelli - 2020
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
Dossier
diritti
|
|