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Un giornalista suicidato dalla mafia
di Pino Maniaci
Un giornalista "suicidato" dalla mafia. Così viene definita la morte di Cosimo Cristina. Per noi, la sua, è la storia di un giornalista vittima di mafia. Di un giornalista scomodo, fatto fuori per le sue scomode inchieste sul fenomeno mafioso radicalizzato a Termini Imerese.
Era il 5 maggio 1960. Il suo corpo venne trovato sui binari della ferrovia: lì fu portato da chi lo aveva ammazzato, quella morte doveva sembrare un suicidio. I suoi assassini avevano studiato tutto nei minimi dettagli ma non avevano considerato una cosa: Cosimo era un giornalista e i suoi colleghi non se ne sarebbero stati con le mani in mano.
Dopo i parenti, furono infatti i collaboratori de L'Ora di Palermo e il coraggioso giornalista Mario Francese, anche lui poi ucciso dalla mafia, a cercare la verità portando alla luce alcuni particolari. Ma fu tutto inutile, perché sei anni dopo venne confermata la tesi del suicidio. Cosimo aveva ventiquattro anni.
Undici anni dopo, il 5 maggio 1971, a #Palermo la mafia uccideva un magistrato. Si chiamava Pietro Scaglione e aveva sessantacinque anni. Stava percorrendo via dei Cipressi a bordo di una Fiat 1500 nera guidata dall'agente di custodia Antonino Lo Russo, quando entrambi vennero bloccati e crivellati di colpi da alcuni killer.
Scaglione fu un "persecutore spietato della mafia": indagò sulla strage di Ciaculli del 1963 e, a capo della Procura della Repubblica, in sinergia con l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, guidato da Cesare Terranova, portò avanti delle inchieste grazie alle quali "le organizzazioni mafiose furono scardinate e disperse". Voleva rompere i rapporti tra politica e criminalità ma non fece in tempo: venne fermato nel peggiore dei modi.
Ci hanno provato a farli cadere nell'oblio, a metterli in cattiva luce ma non ci sono riusciti. Perché oggi siamo qui, a ricordarli, a scrivere ancora una volta che la mafia è una montagna di merda. Grazie Pietro, grazie Cosimo. Condividete per mantenere viva la memoria.
 
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