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03 maggio 2025
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Delusione per la mancata giustizia
di Rinaldo Battaglia *

Il 3 maggio 1945 gli ultimi deportati dell’allora ‘campo di transito’ di Bolzano vennero liberati dagli Alleati e il lager fu definitivamente dismesso. Prima di fuggire verso la Germania, le SS decisero però di distruggere l’intera documentazione relativa al campo, lasciando in memoria così solo notizie non certe o storicamente verificate.

Il campo di transito di Bolzano (Polizei und Durchgangslager Bozen, oppure anche 'Dulag Bozen') fu un campo di concentramento nazista attivo a Bolzano, nel quartiere di Gries-San Quirino, dall'estate del 1944 alla fine del secondo conflitto mondiale. Prima di quella data era invece già in essere dal 1942, in via Resia 80, un lager fascista per prigionieri di guerra alleati catturati durante il conflitto. Ebbe molta importanza dal luglio ’44 quando venne trasformato dai nazisti ‘in campo di concentramento e transito’ verso i lager di sterminio, prendendo il posto in quel ruolo del campo di Fossoli, oramai insicuro per la sua vicinanza alle linee alleate.

La direzione del campo – tra le più criminali mai conosciute - era affidata alle S.S. di Verona, in particolare al tenente Karl Friedrich Titho e al maresciallo Hans Haage, provenienti proprio da Fossoli. Non vi sono stime precise, in quanto alcuni prigionieri, principalmente ebrei, non sono stati immatricolati al loro arrivo, ma si calcola che il numero di deportati transitati da Bolzano si aggiri intorno ai 9-10 mila. Di questi, saranno più di 2 mila quelli che non faranno ritorno dai trasporti che dal campo partirono verso Mauthausen, Auschwitz, Dachau e gli altri lager nazisti.

Le S.S. accompagnate da guardie ucraine in servizio nel lager di Bolzano, si macchiarono di orribili crudeltà. Tra queste quella del 12 settembre 1944 quando uccisero 23 giovani uomini nella vicina ex-caserma Mignone a Oltrisarco, seppellendo poi i corpi in una unica fossa comune del cimitero maggiore sempre di Oltrisarco, senza dare neanche a loro la possibilità un domani di essere identificati corpo per corpo.

Responsabile dell’eccidio fu in quel caso il generale delle S.S. Wilhelm Harster, a quel tempo capo della polizia di sicurezza e dei servizi di sicurezza di Verona. È passato alla Storia come uno dei più grandi criminali del Terzo Reich con l’accusa di aver deportato nei lager di sterminio oltre 7.000 ebrei. Non è escluso comunque che vi fosse anche un altro responsabile, quale il gen. Friedrich Kranebitter, Sturmbannführer delle S.S. di stanza a Bolzano e già attivo criminale nel Campo di Fossoli. Tra le S.S. ucraine vennero più tardi identificati ed accusati Mischa Seifert e Otto Sein, condannati all'ergastolo in Cassazione per una decina di omicidi commessi nel lager di Bolzano tra il 1944 e il 1945.

A guerra finita Harster, Kranebitter, Titho, Haage vennero arrestati a Bolzano il 13 maggio 1945, anche per precedenti crimini commessi nel campo di Fossoli, ma il 2 giugno 1945 il responsabile della 78° Sezione della Special Investigation Branch – che aveva avviato le indagini – sancì la propria incompetenza territoriale. Il 16 luglio 1947 si tenne comunque la prima udienza del processo al Tribunale Militare di Bologna, ma non si poté ottenere la loro estradizione in quanto oggetto di altri processi in Germania.

Il tenente Karl Friedrich Titho venne interrogato a Fossoli solo nell’ottobre del 1947 insieme al meranese Karl Gutweniger, già evaso dal campo di concentramento di Rimini e condannato a 12 anni in contumacia dalla Corte d’Assise straordinaria di Bolzano per collaborazionismo, con pena notevolmente ridotta.

Le incertezze della magistratura alleata in Italia e le pressioni politiche volte all’insabbiamento minarono molto l’azione giudiziaria, che nel 1948 conobbe una significativa battuta d’arresto. Erano gli anni dell’amnistia Togliatti, del pericolo ‘rosso’, della volontà USA di creare una rete con ex-fascisti ed ex-nazisti in ottica della guerra fredda.

Solo il 25 maggio 1951 Titho venne condannato a 7 anni di carcere dal Tribunale di Utrecht, ma il 30 marzo 1953 fu ricondotto in Germania come libero cittadino. Tutte le richieste di estradizione italiane vennero sempre disattese poiché “i fatti […] addebitati sembrano rivestire carattere politico”. Il 26 gennaio 1959 il Viceprocuratore militare di Bologna Attilio Grossi chiese al giudice istruttore la “temporanea sospensione” dell’istruttoria contro gli imputati Titho, Haage, Rikoff, Koenig, Mayer e Seifer ma il 14 gennaio 1960 il procuratore generale militare Enrico Santacroce “archiviò provvisoriamente” il procedimento sulle stragi di Fossoli e sugli eccidi di Bolzano, che finirono anch’essi “nell’Armadio della Vergogna”, nascosto a Roma fino al 1994.

Nei primi anni '70, il procuratore di stato a Dortmund, indagò sul suo ruolo di Titho e Haage nella deportazione dei prigionieri ebrei ad Auschwitz da Fossoli e Bolzano. Ma – dopo si scoprì- i due capi del dipartimento che investigavano su Titho erano entrambi membri da sempre del Partito nazista e il caso venne chiuso ‘perché non si poteva dimostrare che Titho sapeva che gli ebrei deportati ad Auschwitz sarebbero stati uccisi lì e non era chiaro se alla fine fossero stati effettivamente uccisi’.

Solo nel 1994 – 50 anni dopo - il fascicolo sui fatti criminali del febbraio-luglio 1944 venne trasferito al Tribunale Militare di La Spezia, ma Haage fu ritenuto “permanentemente inabilitato all’interrogatorio” per demenza senile e Titho, indagato anche dalla Procura di Dortmund, rifiutò l’interrogatorio, accettando di deporre soltanto per iscritto. Ma nella sua testimonianza tutte le responsabilità di quanto avvenuto a Fossoli e a Bolzano furono indicate nei suoi superiori. Sempre colpa di altri.

Il 10 novembre 1999 la Procura Militare di La Spezia trascurò la documentazione raccolta nella fase istruttoria e nel corso del processo fra il 1945 e il 1959: il g.i.p. presentò un’istanza di archiviazione del fascicolo su Cibeno-Fossoli e su Bolzano poiché si ‘ritenne ragionevole la deposizione di Titho’. Questo provvedimento rimandò così la responsabilità penale a “soggetti ignoti” e trasformò i comandanti del campo in ‘semplici esecutori vittime della criminalità degli alti comandi’.

Nel giugno del 2001 alcuni familiari delle vittime presentarono ricorso contro l’archiviazione, ma la notizia della morte di Titho (a 90 anni, a Horn-Bad Meinberg il 18 giugno 2001) bloccò definitivamente la riapertura delle vicende giudiziarie.

Quando la giustizia perde la sua dignità, vien da dire. O se si preferisce, solito film di quanto la mancata giustizia faccia ancora male. Il destino dell’Hauptscharführer delle SS Hans Haage fu ancora più ‘tranquillo’: non venne mai stato arrestato o processato. Un mandato d'arresto italiano emesso il 10 giugno 1954 non ebbe conseguenze, poiché secondo l'articolo 16 della Legge fondamentale per la Repubblica federale di Germania, nessun tedesco poteva essere estradato all'estero. Hans Haage morì così indisturbato in una casa di riposo nella Bassa Baviera il 10 febbraio 1998. Poco dopo avrebbe compiuto 93 anni.

Altra puntata del film precedente: quando la mancata giustizia fa male ai vivi.

Del vecchio campo, oggi, non ci resta che una porzione del muro di cinta, messo sotto tutela dal Comune di Bolzano nel 2004, alcuni pannelli che ricordano la storia del lager e le sue vittime e un’istallazione, inaugurata da pochi anni, che fa scorrere su pietre i nomi (finora documentati) di tutti i prigionieri e le prigioniere passati in quel lager di transito e morte.

Non ci resta altro, oltre alla delusione per la solita mancata giustizia terrena. /br>
3 maggio 2025 – 80 anni dopo - Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Seconda Parte” - Amazon – 2024

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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