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Il boia del verziere
di
Rinaldo Battaglia *
C’è una foto che risulta ancora oggi molto ‘divisiva’ e, purtroppo, riguarda un uomo destinato a morire. Giampaolo Pansa nel suo ‘Il sangue dei Vinti’ l’ha usata persino quale copertina, evidenziando al mondo così – dal suo punto di vista - i ‘crimini’ dei partigiani che, il 28 aprile ‘45 a Milano in Via Cadore, portarono un uomo indifeso alla morte.
Peccato che non tutti abbiano approfondito chi fosse quell’uomo e non dissero – non in quel libro di certo – che si chiamava Carlo Barzaghi e che da ‘uomo forte’ della Legione Ettore Muti, allora conosciuto come ‘il boia del Verziere’, avesse a suo tempo stillato elenchi di ebrei e oppositori da deportare nei lager di Hitler.
Ma si sa che, solitamente, chi legge Pansa difficilmente conosce Fenoglio, Calvino, Meneghello, Viganò, Franzinelli, Bassani, Giustolisi e molti altri.
Del resto è facile sempre accusare gli invasori nazisti, meno ricordare che - con loro, assieme a loro e per loro - vi erano anche gli italiani di Mussolini. Elettoralmente non conviene: la Storia non va fatta conoscere, altrimenti addio vantaggio competitivo. Nella mia Vicenza, città premiata con 2 medaglie d’oro per la Resistenza, il 25 Aprile più volte si è sostituito la “Festa della Liberazione dal nazifascismo” con le parole “Festa della Libertà dall’occupazione straniera”. Lo stesso il Presidente della Regione nel primo anno del Covid. Per molti anni il 28 aprile a Vicenza si pagavano necrologi al Duce scrivendo ‘sempre nei nostri cuori’.
Probabilmente per loro i tanti Carlo Barzaghi e gli altri uomini di Mussolini, dopo l’8 settembre, erano ‘invasori stranieri’.
Pochi in Italia conoscono le ‘gesta’ criminali degli uomini della ‘Legione autonoma mobile Ettore Muti’, di cui quel Carlo Barzaghi era solo un minuscolo anello della catena.
La Ettore Muti lavorava di solito a fianco ai nazisti, come corpo militare della Repubblica Sociale Italiana con compiti di polizia politica e militare, composto principalmente da elementi del fascismo milanese, integrati da volontari della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
Fu molto attiva principalmente nella provincia di Milano e nel cuneese fra il 18 marzo 1944 ed il 27 aprile 1945. Si rese responsabile di numerosi rastrellamenti, di torture e violenze, specialmente nella sede milanese di via Rovello e dell'eccidio di Piazzale Loreto, che saranno oggetto di un processo e conseguenti condanne nel 1947.
Lo stesso dicasi per altri eccidi nelle Alpi del cuneese. Come l’eccidio del 2 maggio 1944, 81 anni fa, di Borgo San Dalmazzo. Quel giorno il Comando nazista ‘Leitkommandantur Mailand/SSPF Oberitalien-West’ e soprattutto reparti del Sicherungs-Regiment Stab 38, deI battaglione (Georg.)/198, dell’ Ost-Bataillon 263, i Jagdkommandos della Luftwaffe, truppe della Feldgendarmerie-Abteillung 541 e della 1°compagnie Panzer-Abteillung 208 assieme a reparti della locale Legione Ettore Muti, fucilarono 15 persone rastrellate nelle valli Gesso, Stura e Grana. Il rastrellamento a dire il vero era già iniziato il 20 aprile 1944.
Ora si chiudeva solo un ciclo di rastrellamenti, operati tra marzo e aprile su tutto l’arco delle Alpi cuneesi, col chiaro obiettivo di colpire le formazioni partigiane.
Rastrellamenti che alla fine, tra furti, saccheggi e deportazioni nei lager nazisti, procureranno ‘uccise senza armi in pugno’ almeno 30 vittime. Tra queste anche una ragazza partigiana, Maria Isoardo di 27 anni originaria di Centallo (CN) ed insegnante di scuola elementare in quel paese. Prima di esser uccisa, a Pietraporzio il 20 aprile, era stata anche selvaggiamente violentata da sott’ufficiale nazista. E fra questi ‘rastrellatori’, ovviamente ben presenti ed attivi i ‘legionari’ della Muti, stabilitisi nel cuneese sin dal 23 marzo 1944 al comando locale del maggiore Alessandro Bongi. In breve, vennero raggiunti in zona anche dal comandante dell’intera Ettore Muti, dell'ex squadrista Francesco Colombo, e il suo vice, Ampelio Spadoni.
I legionari della Muti saranno tra i più feroci e fedeli seguaci di Mussolini fino al 25 aprile 1945. Non solo: quel giorno, quando il Duce deciderà di scappare verso la Svizzera molti di loro lo scorteranno fino a Como. Francesco Colombo, dopo aver inutilmente atteso alcuni reparti provenienti dal Piemonte, partì invece solo il giorno dopo per Como, il 26 aprile, con altri 200 legionari prima rimasti a Milano, ricongiungendosi dopo con la colonna. Evidentemente il nostro Carlo Barzaghi, ‘il boia del Verziere’, rimase escluso da quella fuga.
Ma il mattino del 27 aprile, i partigiani, seguendo gli ordini ricevuti dal comando del CLNAI di Milano, che imponeva la cattura e la esecuzione dei comandanti fascisti, bloccarono la strada presso Cernobbio intimando a loro la resa. I reparti fascisti della Muti, per ordine del comandante Colombo, si arresero e si sciolsero. Colombo riconosciuto e già ricercato per i suoi crimini – nel milanese e nel cuneese - verrà fucilato il giorno dopo a Lenno.
Nel 1947 si svolse un processo che vide imputati altri 14 reduci della Legione Autonoma Mobile Ettore Muti. Quasi tutti appartenevano all'ufficio politico e alla squadra mobile oltre al vicecomandante Ampelio Spadoni. Poiché la Muti non era un corpo militare regolare, le azioni di polizia furono considerate come reati comuni, le ‘carcerazioni’ dei partigiani come sequestri, le fucilazioni come omicidi e i sequestri di beni come furti. Il vicecomandante Ampelio Spadoni fu così condannato a 24 anni di cui 8 immediatamente condonati.
Altri comandanti della Muti, come Arnaldo Asti e altri due membri della squadra mobile furono condannati a morte, ma le condanne vennero poi tramutate in ergastoli. Nel giro di pochi anni tutti gli imputati furono scarcerati nell'ambito della cosiddetta amnistia Togliatti e di quelle successive.
Della legione Ettore Muti se ne occupò anche Beppe Fenoglio nel suo romanzo "Il partigiano Johnny", quando il protagonista, dopo alcuni mesi di vita partigiana, fece ritorno alla sua Alba e la trovò occupata dalla Legione Muti:
«Loro erano i Muti. - A proposito, come sono i Muti? (…): erano in grande maggioranza canaglie della suburra milanese, …. Gli ufficiali non sono niente di meglio della truppa... passeggiavano con il frustino... Pensare quanto mi piaceva il dialetto milanese, ci avevo un vero e proprio debole... ora sentirlo in bocca a quei lazzaroni armati fino ai denti mi fa rizzare i capelli in testa. E quello che aumentava, siglava il terrore, era l'oscillazione d'età in quei ranghi: o giovanissimi, sciagurati besprizorni fiottati fuori da scomunicati brefotrofi, o canaglie canute...».
Loro erano i Muti, quelli che parlavano col terrore. Parola del Partigiano Johnny.
2 maggio 2025 - 81 anni dopo – Liberamente tratto dal mio ‘Il tempo che torna indietro – Seconda Parte” - Amazon – 2024
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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