 |
Vittime di mafia: Vincenzo
di Pino Maniaci
"Mio marito aveva trentasei anni quando è stato ucciso casualmente e nessuno si è mai degnato di ricordarlo in questo paese". Queste parole, la sera dell'arresto di Matteo Messina Denaro, furono tra le poche a colpirmi. A Castelvetrano, tra i cittadini scesi in piazza per festeggiare la cattura di diabolik, c'era anche Filippa, che da anni porta un peso sul cuore, la morte per mano mafiosa del marito Vincenzo Vento.
A Selinunte, un paese in provincia di Trapani, Vincenzo era conosciuto semplicemente come Enzo. Il 28 aprile 1984, dopo avere accompagnato i figli a scuola chiese un passaggio a Epifanio Tummarello, ex sorvegliato speciale. Non sapeva che salendo su quel furgone sarebbe andato incontro alla morte: da lì a poco, difatti, due killer aprirono il fuoco assassinandoli barbaramente.
Il vero obiettivo dell'agguato era Tummarello: Vento si trovava sul suo furgone soltanto per caso, implorò i sicari di risparmiarlo perché a casa aveva una moglie e dei bambini piccoli che lo aspettavano ma non servì a niente, per loro era diventato un testimone scomodo da eliminare.
Enzo aveva solamente trentasei anni ed era un uomo onesto oltre che un grande lavoratore: da poco aveva coronato il suo sogno di aprire una concessionaria di auto usate dopo innumerevoli sacrifici.
Lasciò una moglie e tre figli: Francesco, Alessandro e Rosamaria. Quest'ultima, all'epoca dei fatti, aveva appena due mesi.
Oggi in pochi ricordano la sua storia ma la memoria, come dico sempre, non dev'essere cancellata.
 
Dossier
diritti
|
|