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Bandiere UE e Ucraina: tensioni alla fiaccolata torinese
di Paolo Mossetti
Certamente quella ucraina/europea è una resistenza a un'invasione fascistoide.
Ma l'incapacità occidentale di affrontare l'influenza del neonazismo nell'esercito di Kyiv, il concerto sostanzialmente unico dei media nelle prime fasi della guerra, uniti alle modalità rozze e paranoiche che caratterizzano il riarmo UE (voluto da una Commissione di destra) rendono a molti democratici indigeste quelle due bandiere.
Ogni comparazione è legittima, a patto che si riconoscano similitudini e differenze, mi ha detto lo storico Carlo Greppi: «Il conflitto in Ucraina è una guerra regolare tra Stati, mentre la Resistenza fu una guerra irregolare, condotta da volontari, spesso giovanissimi, con un progetto politico forte e condiviso. È più che legittimo che un paese sovrano si difenda da un’aggressione, ma la Resistenza italiana nacque da una scelta consapevole e autonoma di combattere il fascismo, spesso con motivazioni pre-politiche. Non erano soldati, erano cittadini».
E non va dimenticato come per molti italiani alle radici del conflitto ci sia un calcolo tragicamente sbagliato fatto dall'Alleanza geopolitica di cui facciamo parte, e che viene difesa oggi da qualunque critica da chi grida, pur non essendo ucraino, «slava ukraini», quasi come se stesse facendo cosplay.
Fare finta di non sapere tutto questo, e pretendere che le manifestazioni siano "aperte a tutti", palcoscenico per il proprio atlantismo rigido, significa cercare la provocazione. As simple as that.
E quella provocazione è stata puntualmente ottenuta da alcuni piccoli partiti e think tank che peraltro hanno, riguardo all'antifascismo, da sempre un approccio aristocratico e sprezzante.
Da tre anni hanno fatto dell'Ucraina l'elemento attorno al quale sembra ruotare l'intera loro identità, ma questo si scontrerà sempre con li associa a una politica scriteriata di massimalismo ed escalation.
 
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