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L'altra metà della Resistenza
di Marta Agresti
Le storie delle donne che hanno dato un contributo determinante alla Resistenza ci parlano del loro impegno come staffette, combattenti, membri dei GAP e delle SAP. Armate o disarmate, di ogni ceto sociale e di ogni professione, giovani e meno giovani, meridionali e settentrionali, le donne lottano nelle città, nei paesi e nelle campagne, combattono con le armi in pugno, sono ferite, torturate, fucilate, impiccate.
Erano loro che diffondevano materiale di propaganda, attaccavano manifesti, preparavano documenti falsi e ricoveri per i partigiani, curavano i feriti, trasportavano armi, munizioni, esplosivi, viveri, indumenti e medicinali. Erano loro che nel novembre 1943 fondarono i GDD (Gruppi Difesa delle Donne) che operavano nelle scuole, nelle fabbriche e negli uffici, progettavano atti di sabotaggio, organizzavano scioperi contro i nazifascisti e approntavano reti di soccorso e assistenza per partigiani, famiglie di deportati, caduti e carcerati.
Sono state le protagoniste di quella resistenza che prese il via con lo "sciopero del pane" di Parma quando centinaia di donne misero in gioco il lavoro e la libertà, come fecero poi le mondine emiliane, le donne di Imola e le romane che, durante l'assalto a un forno, furono sorprese dalle camicie nere e dieci di loro furono giustiziate.
Sono state le donne che, nella Napoli occupata, impedirono i rastrellamenti degli uomini innescando la miccia dell'insurrezione cittadina e quelle di Carrara che, nel luglio 1944, resistettero agli ordini di sfollamento impedendo ai nazisti di garantirsi una comoda via di ritirata verso la linea Gotica.
Questo è il prezioso contributo delle donne alla Resistenza in una stima fatta dall'ANPI
- 35mila combattenti
- 20mila staffette
- 70mila organizzate nei Gruppi difesa della donna
- 4653 arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti
- 2900 giustiziate o uccise in combattimento
- 1700 ferite
- 2756 deportate in Germania.
 
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