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23 aprile 2025
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Un Paese in ostaggio e i politici in prima fila
di Elisa Fontana *

Siamo un Paese in ostaggio da lunedì, quando è arrivata la notizia della morte di papa Francesco, improvvisa e inattesa.

E’ ovvio che una notizia del genere rimbalzi in tutto il mondo e renda i notiziari e i media in generale ostaggio dalla notizia. Ma siamo al quarto giorno dalla morte del Papa, si è discettato su tutto lo scibile umano, si è guardato e sezionato ogni aspetto connesso alla morte e al significato del papato di Francesco, ma nulla accenna a calmarsi. Si parla, si parla, si parla, avvoltolandosi sempre nelle medesime discussioni e nei medesimi concetti.

A questo punto suggerirei a molti di astenersi anche dal solito refrain “ma è una questione di rispetto per il Papa!”. No, il rispetto per il Papa non c’entra niente, è il solito grido di profondo provincialismo che scambia cause per effetti ed effetti per cause. Il rispetto per il Papa non c’entra, è solo l’immarcescibile sciocco protagonismo di troppe star della tv, della carta stampata, della cultura e di tutto il circo conseguente.

Capisco certamente la cronaca, gli aggiornamenti sulla traslazione della salma, sull’omaggio dei fedeli, sul funerale. Capisco meno l’ennesima domanda posta all’ennesimo malcapitato nell’ennesimo talk show su chi ha più probabilità di essere eletto Papa, sapendo benissimo che mai a memoria d’uomo qualcuno ha azzeccato un pronostico in tal senso.

Ma si spendono ore e ore e fiumi di inchiostro a ricostruire le varie cordate, dividendole fra progressisti e conservatori, fra bergogliani a anti, in un giochetto che assomiglia molto alle carte di guerra di Napoleone prima della battaglia di Waterloo. Con gli stessi esiti nefasti, peraltro, in termini di attendibilità. E’ questa una forma di rispetto per il Papa? Aggiunge forse qualcosa alla nostra sete di conoscenza? O al giudizio sul pontificato di Francesco? Lascio a ciascuno di voi la risposta.

Aggiungo solo, a proposito di rispetto per il Papa, che sabato al suo funerale siederanno in prima fila tutti coloro che in un grandissimo esercizio di ipocrisia lo hanno lasciato parlare a vanvera di terza guerra mondiale in atto, di pace, di difesa della dignità umana, di accoglienza, facendosi entrare le sue parole da un orecchio per farle uscire veloci dall’altro. Hanno tutti un nome, ovviamente: Trump, Zelenskyj, Von der Leyen, Meloni, giusto per citarne alcuni. E siederanno tutti compunti sabato in prima fila, immemori del passo del Vangelo di Matteo dove Gesù condannava scribi e farisei per la loro ipocrisia, definendoli sepolcri imbiancati.

E mi spingo a dire che nella sua iniquità Netanyhau ha tenuto il punto non porgendo nemmeno le condoglianze per la morte del papa. Non che voglia lodarlo, sia chiaro, ma se devi incarnare una posizione devi anche saperlo fare fino in fondo. O come Orban e Tusk che, in disaccordo con le posizioni per loro troppo liberali del papa defunto, se ne staranno a casa e non parteciperanno al funerale.

In compenso al momento è tutto un chiacchiericcio di retroscena e di pettegolezzi, se accadrà come alla inaugurazione di Notre Dame a dicembre, dove si riuscì ad imbastire un incontro fra Trump e Zelenskyj, se si riuscirà a fare il bis fra Trump e Von der Leyen e chissà se Meloni riuscirà a battere sul tempo l’attivismo europeo che la marginalizza e così via, dimostrando all’universo mondo quanto grande e sentito sia il rispetto per il defunto papa.

Astenersi dal commentare “è sempre stato così”. Lo sappiamo bene, ma questo non dovrebbe davvero renderci orgogliosi, basterebbe solo tacere e non tirare sempre in ballo e a sproposito questo benedetto “rispetto”.


* Coordinatrice della Commissione Politica e Questione Morale dell'Osservatorio


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