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Ucraina: il punto sui negoziati
di
Francesco Dall'Aglio *
Per quanto riguarda i tentativi di risoluzione diplomatica del conflitto in Ucraina, che negli ultimi giorni hanno almeno a parole avuto un'accelerazione, la scaletta della settimana era più o meno definita: oggi doveva tenersi a Londra un vertice tra i ministri degli esteri di USA, Gran Bretagna, Francia, Germania e Ucraina; verosimilmente domani Witkoff sarebbe andato a Mosca; e il 26, approfittando dei funerali del papa e della presenza di delegazioni di alto livello ci sarebbe stato un altro round di incontri.
O almeno questo nell'immaginazione americana, perché ieri sera Zelensky ha dichiarato che uno dei punti cardine del progetto di pace statunitense (ci torniamo subito), ovvero il riconoscimento de jure della Crimea come territorio russo, non poteva essere preso in considerazione. Preso atto dell'indisponibilità, Rubio ha annullato la visita a Londra, dove il vertice si terrà lo stesso ma a livello più basso e senza appunto i ministri, la delegazione ucraina resta però la stessa: Umerov, Sybiha e Jermak), e Vance ha dichiarato che gli USA si ritireranno dai negoziati "se non riceveranno una risposta positiva" alle loro proposte di mediazione. A questo punto la visita di Witkoff a Mosca diventa marginale (ma ormai è chiaro che USA e Russia discutono tra loro di varie altre cose che esulano dalla questione ucraina) e i funerali del papa rischiano di trasformarsi in un'altra mezza rissa tra Trump e Zelensky se quest'ultimo confermerà la sua presenza.
Il piano di pace statunitense, in effetti, sembra piuttosto difficile da digerire per l'Ucraina (anche per l'Unione Europea, ma della posizione dell'UE non importa niente a nessuno, quindi inutile parlarne). Stando a quanto riporta Axios, ripreso poi da varie altre testate, prevede come abbiamo scritto sopra il definitivo riconoscimento della Crimea come regione della Federazione Russa, e inoltre il riconoscimento de facto dell'occupazione russa dei territori in suo possesso (più in stile alture del Golan che Corea del Nord/Corea del Sud, dunque), la certificazione che l'Ucraina non entrerà nella NATO, la sospensione di tutte le sanzioni imposte alla Russia a partire dal 2014, e maggior cooperazione economica tra USA e Russia specialmente nei settori energetico e industriale.
All'Ucraina sostanzialmente non va nulla, se non "robuste garanzie di sicurezza" alle quali però gli USA non parteciperebbero e che sarebbero dunque fornite solo dagli europei (auguri), la restituzione dei territori dell'oblast' di Kharkiv occupate dai russi, il diritto all'attraversamento del Dnepr nei punti in cui il fiume costituisce la nuova frontiera (per andare dove o fare cosa non è chiaro, credo che più che di attraversamento si tratti di diritto di navigazione) e aiuti per la ricostruzione, anche qui senza che sia specificato chi li pagherà (e anche qui ho idea che saremo noi).
Il nodo della centrale nucleare di Zaporižja, infine, è affrontato in modo creativo, per non dire surreale: la centrale sarà considerata territorio ucraino ma sarà gestita dagli USA e rifornirà di energia sia l'Ucraina che i nuovi territori russi. Sempre stando alla fonte di Axios, il piano è stato redatto dopo l'ultima visita di Witkoff a Mosca e la tregua di Pasqua offerta da Putin è stato un segnale all'amministrazione Trump che la Russia è a favore di un cessate il fuoco anche immediato se le proposte verranno accolte: ma come è noto l'Ucraina vuole che il cessate il fuoco preceda i negoziati, e anche su questo le parti restano su posizioni diametralmente opposte.
Chiudiamo con un altro "gesto di buona volontà" da parte russa, sempre in direzione della composizione diplomatica del conflitto. Stando a quanto riportato ieri dal Financial Times Putin si sarebbe "offerto" di chiudere i combattimenti sulla linea del fronte attuale, lasciando cadere le pretese sul resto del territorio delle quattro oblast' occupate e annesse unilateralmente dalla Russia ancora in mano ucraina.
In realtà, fin dal principio non è mai stato chiaro (volutamente, ovvio) a cosa si riferisse la Russia parlando delle oblast' suddette, se al loro territorio occupato e nel quale si sono svolti i referendum o ai loro confini amministrativi. In realtà pare che ci si sia sempre riferiti al primo caso, lasciando naturalmente il tutto nel vago per avere altre carte diplomatiche da poter giocare specie nel caso di Cherson e Zaporižja: ne aveva già parlato Giovanni Boggero il 3 ottobre 2022, all'indomani del decreto di annessione, e ne parla adesso Giovanni Savino citando la recente analisi di Konstantin Remčukov per Nezavisimaya Gazeta.
Ovviamente, tutto cambierebbe in caso di interruzione dei negoziati e soprattutto di effettiva sparizione degli USA dal teatro del conflitto. In quel caso, con l'Ucraina obbligata a difendersi solo col sostegno europeo, le ambizioni russe potrebbero debordare, e di parecchio, dai semplici confini amministrativi delle quattro oblast' e comprendere anche altri territori. Ma questa è una cosa che si vedrà eventualmente in futuro, e di cui è inutile ragionare ora.
* Esperto di lingue e culture dell'Europa Orientale, Componente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio
 
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