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20 aprile 2025
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Palestina: germogli di rinascita
di Rossella Ahmad

Ho rivissuto in questi ultimi mesi di passione, attraverso la Palestina ed il suo popolo immortale, infinite quaresime di sofferenza, e pasque infinite di morti e resurrezioni. Quanti trenta denari ho contato, e tradimenti che non hanno causato pentimento né desiderio di espiazione.

Per ogni Giuda impiccato, milioni di Efialte con la tracotanza dell'uomo miserabile. E mani lavate in grande quantità, assieme ad occhi sfuggenti, tenuti bassi per non guardare il buco nero nel quale siamo precipitati. E lunghi digiuni dell'anima, senza riceverne tregua. E pie donne a migliaia, coperte dai manti del lutto, lamentarsi sui sepolcri dei Figli di Gerusalemme, e Pietà in ogni angolo di una terra attraversata dal dolore e dall'ingiustizia.

Gli Ecce Homo li ricordo tutti. Hanno i volti rigati di sangue e lacrime. Sono bendati, denudati, flagellati. Marchiati come agnelli condotti al macello.

Ho visto gli orti del Getsemani e udito milioni preghiere sommesse di accettazione del proprio destino. Sia fatta la tua volontà perché non posso fare la mia. Il tuo sostegno mi è sufficiente.

La strage degli innocenti è quasi compiuta. Erode sembra compiaciuto. I Ponzio Pilati non chiedono più comprensione, non si purificano dal sangue innocente, non si affidano alla folla inferocita - che ha già scelto il Nazareno/Palestina e ne ha urlato il nome da est ad ovest, da nord a sud di questo mondo che sembra un mattatoio. Un'arena di continue tauromachie.

E ne ha stampato il volto e la forma in milioni di Sacre Sindoni, che sventolano come sfide e affronti lanciati nel cuore della nuova Babilonia/Wall Street.

Ma se il nostro sguardo diventa più acuto, i germogli del tempo nuovo di cui questo giorno è a sua volta metafora antica di trasformazione sono già visibili.

L'alba che risorge. Il passaggio. L'inizio.

Non auguri quindi ma promesse. Sempre uguali. Quelle che parlano alla nostra coscienza e ne placano i moti. L'anno prossimo a Gerusalemme, in un tripudio di ramoscelli d'ulivo, anche se adesso ci sembra impossibile. Parossistico, quasi. Ricordiamo invece che i fiori più belli della stagione, quelli del mandorlo, nascono in una notte. Metafora delle infinite possibilità concesse ai viventi.

Un abbraccio tra simili a noi, mentre coltiviamo con cura ed attenzione pensieri come germogli di rinascita. Impercettibile, ancora nascosta ai sensi, in fase embrionale, minacciata da mille tempeste, eppure già presente. Viva, come la Palestina.

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