 |
Germania contro stranieri e migranti pro Palestina
di
Marilina Mazzaferro
La Germania sta attuando una forte repressione del dissenso politico.
Negli ultimi due anni, istituzioni e autorità hanno annullato eventi, mostre e premi a causa di dichiarazioni sulla Palestina o su Israele. Per esempio, la Fiera del Libro di Francoforte ha rinviato a tempo indeterminato la cerimonia di premiazione di Adania Shibli; la Fondazione Heinrich Böll ha ritirato il premio Hannah Arendt a Masha Gessen; l'Università di Colonia ha revocato la cattedra a Nancy Fraser e, questo mese, stato ritirato l'invito al filosofo Omri Boehm per parlare in occasione dell'anniversario della liberazione di Buchenwald.
In quasi tutti questi casi, vengono usate accuse di antisemitismo anche se fra i destinatari vi sono ebrei. Il più delle volte, sono i progressisti a guidare o ad accettare tacitamente queste cancellazioni, mentre i conservatori e l'estrema destra si schierano con i censurati. Sebbene la vigilanza contro il crescente antisemitismo sia senza dubbio giustificata, soprattutto in Germania, tale preoccupazione viene sempre più sfruttata come strumento politico per mettere a tacere la sinistra.
La Germania ha recentemente compiuto un nuovo, inquietante passo, dimostrando la sua volontà di usare le opinioni politiche come pretesto per frenare l'immigrazione non diversamente da ciò che fa Trump. Le autorità stanno ora procedendo all'espulsione di cittadini stranieri che hanno partecipato ad azioni pro-Palestina. Quattro persone a Berlino – tre cittadini dell'UE e uno statunitense – saranno espulse per il loro coinvolgimento in manifestazioni contro le azioni di Israele a Gaza. Nessuno dei quattro è stato condannato per alcun reato, eppure le autorità stanno cercando semplicemente di espellerli dal Paese.
Le accuse contro di loro sono diverse ma i provvedimenti di espulsione rivelano le reali cause: scandire slogan come "Liberate Gaza" e "Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera", partecipare a blocchi stradali (una tattica frequentemente usata dagli attivisti per il clima) e dare del "fascista" a un agente di polizia. Tutti e quattro sono inoltre accusati – senza prove – di sostenere Hamas e di aver intonato slogan antisemiti o anti-israeliani. Tre dei decreti di espulsione citano esplicitamente l'impegno nazionale della Germania a difendere Israele.
A ben vedere, la vera accusa sembra essere qualcosa di più basilare: la protesta stessa.
Oggi, i politici di tutto l'arco politico tedesco invocano abitualmente la storia del Paese per mettere a tacere le critiche alla politica israeliana, sostenendo uno Stato accusato di imporre l’apartheid in Cisgiordania accusato di aver commesso un genocidio a Gaza.
Utilizzare la legge sull'immigrazione per controllare le proteste politiche invia un messaggio chiaro ai non cittadini in Germania: se esprimi la tua opinione, rischi di perdere il tuo status o di essere espulso. La misura fa il gioco dell'estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD) perché è un modo per alimentare il risentimento contro i migranti che presumibilmente "importano" l'antisemitismo e contrastare una cultura della memoria più ampia e inclusiva, spesso liquidata riduttivamente come "postcolonialismo". Il tutto mascherato dal linguaggio di un incrollabile sostegno a Israele.
Mentre i partiti tradizionali tedeschi continuano formalmente a rifiutare la cooperazione con l'AfD, la loro crescente accettazione della retorica in stile AfD – soprattutto in materia di immigrazione – racconta una storia diversa. Nel periodo precedente le elezioni, i partiti di tutto lo spettro, dai Verdi all'Unione Cristiano-Democratica (CDU), hanno parlato dell'immigrazione come di una minaccia alla sicurezza, promettendo deportazioni e controlli più severi. In questo clima, la Palestina si è trasformata in una sorta di cartina di tornasole per la politica d'asilo.
L'anno scorso, Merz ha dichiarato che la Germania non avrebbe accolto rifugiati da Gaza, affermando: "Abbiamo già abbastanza giovani antisemiti nel Paese". Dopo che la neoeletta deputata di Die Linke Cansın Köktürk si è presentata in parlamento indossando una sciarpa simile a una kefiah, i membri della CDU conservatrice hanno fatto pressioni per vietare tali simboli in parlamento ma nessuno ha obbiettato per altri simboli con riferimenti diversi.
Con un nuovo governo conservatore al potere, è probabile che la Germania scelga di proseguire sulla strada dell'autoritarismo negando di fatto - come altri stati occidentali - i principi che afferma di rappresentare.
 
Dossier
diritti
|
|