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"Contagiare ogni cuore"
di
Rossella Ahmad
Ho un vecchio computer, ormai inutilizzato ed inutilizzabile, pieno di fili scollegati - che per me equivalgono all'inferno sulla terra - e che tuttavia conservo nella speranza di avere un giorno sufficiente tempo e cuore per venirne a capo e finalmente riuscire ad accedere agli innumerevoli files, cartelle, archivi lì conservati.
Perché tra quei files, da qualche parte negli archivi, custodisco la sua mail . La mail che Vik ci inviò una sera dell'inverno del 2004, quando gli chiedemmo il permesso di inserire nel nostro sito di informazione sulla Palestina una finestra a Guerrilla Radio, il blog dal quale ci informava quotidianamente sugli orrori di Gaza, vissuti di persona ed in diretta.
Yes, hermanos. Teniamoci in contatto. E restiamo umani.
Lo ricordo. Ricordo tutto. Ricordo quel giorno come fosse ieri. Il dolore di quella sua ultima foto, bendato e malmenato. L'ansia di quelle ore concitate che intercorsero tra la foto e la notizia della sua uccisione. Il ruotare del nostro pianeta che si interrompeva per un attimo, l'asse terrestre che si spostava ed il Cosmo che si riavvolgeva sgomento su se stesso, come sempre accade quando il Bene soccombe ed il Male trionfa spavaldo.
Vik era da tempo un bersaglio di Israele e lo sapeva.
Dal 2005 inserito nella lista di persone non gradite, picchiato dai militari israeliani al confine con la Giordania una prima volta nel marzo di quell'anno, arrestato all'aeroporto di tel aviv, ferito e poi espulso nel mese di dicembre, cittadino onorario palestinese dal 2008, anno in cui tornò a Gaza venendone poi espulso per l'ennesima volta nel novembre successivo per aver difeso il diritto di quindici pescatori gazawiti di pescare nelle proprie acque territoriali, infine rientrato definitivamente con una nave del movimento di solidarietà Free Gaza.
Ed a quel periodo risalgono le più esplicite minacce di morte da parte di un sito web vicino all'estrema destra filo-israeliana, Stop the International Solidarity Movement.
Lo scrittore israeliano Amos Oz spiegò il perché la sua presenza a Gaza fosse non gradita: gli internazionali - e Vik in particolare - avrebbero potuto testimoniare contro Israele per crimini di guerra alla Corte di Giustizia dell'Aja.
Occorreva bloccarli. E furono bloccati l'uno dopo l'altro, pagando col sangue il desiderio di giustizia per la Palestina.
Una false flag operation la sua uccisione, con due dannati della terra che si prestarono alla tragica messinscena.
Una madre che rifiutò che suo figlio passasse sullo spazio aereo israeliano nell'ultimo viaggio verso casa.
Un giornalettista nostrano che, viscido, sibilava: "Lasciatelo lì".
Una popolazione, quella gazawi, che conservava come cimeli le tracce del suo passaggio su questa terra, almeno fino alla definitiva distruzione operata dai barbari con la stella.
Noi, che ancora lo piangiamo e non riusciamo a chiudere una ferita che gronda sangue da decenni. Come Gaza. L'indomita. La valorosa. La tenace.
Lui, fulgido esempio di un'umanità aggredita e lacerata da ogni lato, ma che resiste. Nell'attesa di "contagiare ogni cuore".
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