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Primo Levi sembra rispondere a Paolo Mieli
di
Santina Sconza
Si nasce incendiari si muore pompieri.
Paolo Mieli nel 1968 militava in Potere Operaio, movimento politico della sinistra extraparlamentare gruppo più rappresentativo dell'operaismo.
Toni Negri, Massimo Cacciari, Francesco “Pancho” Pardi, Gaetano Pecorella, Paolo Mieli e Ritanna Armeni erano membri di Potere Operaio. Era diverso dal Movimento Studentesco in cui ho militato.
Ecco, da grande rivoluzionario oggi Mieli è diventato, come si può dire, un piddino.
Con un savoir faire particolare non di certo di un rivoluzionario appoggia la linea guerrafondaia della Ursula von de Leyern, dice a Formigli che la piazza del 5 aprile era tutta contro Israele e non un accenno a Putin e all'Ucraina. Insinua il saggio, pardon il saggista, che quella piazza era putiniana e che non si può dire la parola genocidio perché secondo lui solo la Shoah può essere definita tale.
E no caro ex direttore della Stampa ci sono stati tanti genocidi uno diverso dell'altro, quello degli indiani d'America, quello degli Armeni, tanti altri ed infine quello del popolo palestinese ad opera di Netanyahu.
Si arrampica sugli specchi, "e allora gli ostaggi israeliani in mano ad Hamas..." si è cercato di fargli capire che il primo ad averli abbandonati è stato Netanyahu e che i parenti degli ostaggi manifestano contro il governo perché vogliono la loro liberazione.
E lui insiste non è genocidio e cerca di sviare il discorso parlando di quel (presunto) gruppo di palestinesi che denuncia le malefatte di Hamas.
Con genocidio, secondo la definizione adottata dall'ONU, si intendono «gli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso».
Paolo Mieli chi ha mai difeso Hamas? Suvvia non è genocidio quello di voler annientare un popolo intero e costruire lì dove si è sparso sangue innocente una zona turistica?
Non è genocidio sparare su bambini, agli operatori sanitari, ai giornalisti, lasciare che i coloni ebrei non facciano entrare gli aiuti umanitari per far morire di fame un popolo?
Olocausto invece è un termine più ampio che può includere anche altre vittime dei nazisti, come rom, disabili, omosessuali e oppositori politici.
Ed infine lei lascerebbe che un criminale di guerra scorrazzi da un paese all'altro e dice che non ha senso arrestarlo.
Il rifiuto di Paolo Mieli figlio di un ebreo di schierarsi con Moni Ovadia, Gad Lerner e tanti altri contro Netanyahu e il suo governo non più democratico ma di estrema destra è il rifiuto di un saggista e storico di schierarsi con Primo Levi.
Per Primo Levi lo stato d'Israele è stato percepito come una costola dell’occidente coloniale, e nello specifico come l’incarnazione dei lati più oscuri della civiltà europea.
E Il 24 giugno 1982, sulla prima pagina della Stampa, stabilisce il collegamento fatale tra la persecuzione nazista e le guerre di Israele.
Scrive Levi: “Il caso ha voluto che la notizia dell’attacco israeliano in Libano coincidesse per me con un ritorno ad Auschwitz in veste di guida per un gruppo di visitatori”. Il risultato è che “le due esperienze si sono sovrapposte tormentosamente”. E ancora: “I segni della strage di quarant’anni addietro, sul luogo ove essa si svolse, sono tuttora presenti: colpiscono come una mazzata”.
L’articolo è un capo di accusa poderosa da parte di un intellettuale emblematico per l’Olocausto: “Israele, sempre meno Terra Santa, sempre più paese militare, va acquisendo i comportamenti degli altri paesi del medio oriente, il loro radicalismo, la loro sfiducia nella trattativa”. Quanto a chi frettolosamente assimila i generali israeliani ai generali nazisti, “devo ammettere che Begin questi giudizi se li sta tirando addosso”.
Primo Levi si tirò addosso l'ira di alcuni suoi amici ebrei come Segre, De Benedetti così come oggi Gad Lerner si tira addosso l'ira di alcuni ebrei romani.
Suvvia Mieli, un po' di onestà intellettuale.
Oggi Israele è la nazione che ha descritto Primo Levi.
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