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Storia di Cinzia e Rajabu
di
avv. Hilarry Sedu
Il mio telefono squilla. Pronto ? Sono la Sig.ra XXXX Cinzia, la chiamo da Lecce, ho un problema che mi sta logorando. Avvocato ho preso informazioni su di lei, penso che lei potrà aiutarmi. Fino ad ora ho cambiato 4 avvocati, nessuno di loro mi ha saputo aiutare.
Signora, cosa le fa credere che io faccia miracoli. Avvocato, abbi pazienza, mi dedichi del tempo ed ascolti la mia storia, anzi, la nostra storia ! Se abitassi nella sua città mi fionderei subito al suo studio legale, ma vivo a Lecce, i chilometri si fanno sentire…!!
Prego, allora mi racconti…
13 anni fa decisi di andare in Tanzania (Africa) a fare volontariato, conobbi un bambino, all’epoca aveva 2 anni, aveva una grave patologia, i primi due anni della sua esistenza li ha trascorsi in ospedale. Fu così che conobbi sua madre, una giovane donna, già madre di altri quattro creature. La sua povertà economica era evidente, ma mai ho potuto per un’istante scorgere la rabbia nè la disperazione nelle sue pupille. Un sorriso così integro ed elegante avrebbe fatto invidia a qualsiasi nobildonna.
La giovane, durante la mia missione, un giorno mi sorprese dicendomi “…con i suoi problemi, qui in Africa, mio figlio, farebbe fatica a sopravvivere, e poi gli ospedali qui costano troppo, sono tutti privati. Ti prego, puoi aiutare mio figlio? Un po’ prevenuta, pensai che mi stesse per fare richieste di denaro e, mentre formulavo questo pensiero sinistro, lei mi gelò dicendo “vuoi portare mio figlio con te in Italia ? Avrebbe sicuramente una qualità di vita migliore, insomma una speranza…i vostri ospedali non sono paragonabili ai nostri, o almeno se qui non hai tanti tanti soldi…che io non ho!”.
A quelle parole, non di disperazione, ma di un amore sconfinato che solo le madri sanno concepire, accettai la responsabilità, accettai la sfida. Comunicai alla mia famiglia che sarei ritornata con un bambino, ovviamente pensarono che fossi impazzita.
Giunti in Italia, dopo anni di cure mediche e di convivenza, stufa di non poterlo portare - per motivi burocratici - in giro per il mondo con insieme alla mia famiglia ho deciso, insieme a lui e la sua madre biologica, di adottarlo, ma il Tribunale per i minorenni di Lecce, con una perfida sentenza nel 2022 rigetta l’adozione. Durante il processo, lo sentivo che qualcosa non andava, perciò ne ho cambiato 3 di avvocati.
Signora, lei ha fatto appello alla sentenza ? NO. Perché ? Mi sono rivolta ad un quarto avvocato e mi disse che c’erano grosse possibilità di perdere anche in Corte di appello. Così, lo sconforto mi strinse forte il cuore, nonostante Rajabu, da quando aveva 3 anni mi chiama Mamma.
Perciò, avvocato mi dica, dopo aver ascoltato la mia storia, sono davvero senza speranza di poter finalmente dare certezza legale al fatto che mi chiama Mamma ?
Signora, la causa è già stata giudicata e lei non ha fatto appello. Però, potrebbe adottarlo da maggiorenne. No avvocato, non posso attendere la sua maggiore età…capisce?!
Ero al telefono con una signora in pena, nell’attualità non c’erano soluzioni per il suo caso, ma per non ferirla e mostrarmi impegnato le dissi di inviarmi via mail tutti i documenti della causa che aveva perso perché li potessi studiare. Così fece.
Dopo due mesi dalla mail, non aveva ricevuto notizie da me ed un giorno mi ritelefonò, ma con una voce che tradiva un po’ di rabbia. Umilmente le dissi, signora, non ho ancora avuto tempo di terminare di leggere la mole di documenti che mi ha inviato, la prego di pazientare ancora 5 giorni. Attaccata la telefonata, ebbi una leggera vergogna per l’ingente ritardo…
Al quinto giorno chiamai la signora e le dissi: signora, forse possiamo ripetere la causa di adozione davanti allo stesso tribunale che l’aveva rigettata”, lei rispose “ma come ?!! Tutti gli avvocati mi hanno detto che non si può più fare, compreso lei nella nostra prima telefonata”. Signora mi ricordo di averlo detto, però si fidi di me.
Dopo qualche artifizio giurisprudenziale, oggi 10 aprile, nell’anno del Signore 2025 il Tribunale per i Minorenni di Lecce mi ha dato ragione emettendo l’agognata sentenza di adozione.
Cinzia e Rajabu sono finalmente madre e figlio.
Lui è ancora minorenne, perciò, gli va anche riconosciuta la cittadinanza italiana.
O’Vient
 
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